Repubblica 15.3.16
L’italiana assunta a Pechino
“È una palestra di logica e volontà non solo un’opportunità professionale”
Proporre il mandarino già dal liceo è una scelta lungimirante per la forma mentis che può dare ai ragazzi
intervista di Cristiana Salvagni
ROMA.
«Introdurre il cinese a scuola è una scelta lungimirante. Non solo per
le opportunità di lavoro, ma anche per la forma mentis che questa lingua
dà ai giovani». Giulia Ziggiotti, da Vicenza, ha 32 anni e da quattro e
mezzo vive a Pechino, dove lavora come segretario generale della Camera
di commercio italiana.
La lingua come l’ha imparata?
«All’università
Ca’ Foscari di Venezia, poi con diversi soggiorni studio e con due
master sulla politica e l’economia della Cina. Seguiti uno a Roma e
l’altro a Oxford».
Poter studiare cinese già al liceo le avrebbe dato una marcia in più?
«Sicuramente
avrebbe facilitato le cose. Qui ho conosciuto alcuni ragazzi italiani
usciti da licei che già l’avevano introdotto e nell’uso della lingua
erano un passo avanti...».
Quali i vantaggi principali?
«Credo
che studiare il cinese sia una scuola di vita. Perché è una lingua
difficile, che richiede impegno, sacrificio, dedizione. Bisogna mettersi
con costanza a imparare i caratteri e la pronuncia. È un buon esercizio
di volontà e logica che aiuta a superare le difficoltà e i problemi
futuri della vita e a raggiungere gli obiettivi».
Sul lavoro risulta vincente?
«Dà
certamente un’opportunità in più, rende il profilo professionale più
completo, ma non è essenziale. Ormai qui parlano tutti l’inglese».
Giulia Ziggiotti, della Camera di commercio italiana a Pechino