Repubblica 14.3.16
Quei piccoli omicidi che svelano come siamo
di Melania Mazzucco
Alla
periferia di Parigi un’operaia uccide il marito Ma poi scopriamo che
lui si faceva passare per una “lei” Nel mito greco Tiresia fu maschio,
femmina e di nuovo maschio: l’unico a conoscere le due forme dell’amore
“La
garçonne e l’assassino” ricostruisce un delitto del 1928 Un episodio
minore che però ci racconta il tema universale dell’ambiguità tra i
sessi E ricorda “The Danish Girl”
Nella notte tra il 21
e il 22 luglio del 1928, in un modestissimo alloggio nella cintura di
Parigi, un’operaia spara al marito ubriaco, lo uccide e si costituisce.
Potrebbe essere un uxoricidio banale, avvenuto in un contesto di miseria
e violenza domestica. Una minuscola storia di periferia con anonimi
protagonisti destinati all’oblio. Nel gennaio del 1929, dopo un processo
fulmineo, l’assassina viene assolta perché “non colpevole”. Ma un fatto
di cronaca non è mai solamente un’infrazione della norma. Un crimine
(come il processo che lo giudica) rivela
comportamenti, modelli e
convinzioni — l’universo mentale degli uomini e delle donne che lo
commisero o lo subirono. Un caso singolo illumina e spiega una società
intera. E dai tempi del Pierre Rivière di Foucault e del Menocchio di
Carlo Ginzburg, la microstoria (che non è storia minima ma storia
analitica, indagata a distanza ravvicinata) è diventata uno dei settori
più vitali della ricerca storica. Ultimo esempio La garçonne e
l’assassino. Storia di Louise e di Paul, disertore travestito, nella
Parigi degli anni folli, di Fabrice Virgili e Danièle Voldman, appena
pubblicato da Viella.
Louise e Paul sono una coppia qualunque di
proletari, cresciuti in famiglie sfasciate e senza figure paterne,
destinati a peregrinare in brutte stanze d’affitto e affaticarsi in
fabbriche e laboratori artigiani per guadagnarsi il pane. Ma allo
scoppio della Prima guerra mondiale Paul è di leva, e nel 1914 finisce
al fronte. Traumatizzato dai massacri, tenta di sottrarsi al dovere
automutilandosi. Un gesto che potrebbe costargli la fucilazione. Invece
se la cava. Tuttavia non intende più combattere. Diserta e si rifugia a
casa della moglie, giovane, innamorata e disposta a tutto per averlo al
suo fianco. Se fosse scoperto, finirebbe davanti al plotone
d’esecuzione. Per nascondersi, escogita una soluzione semplice quanto
geniale: si traveste da donna e assume un’identità femminile. Nel 1915,
come molti europei, forse ancora si illude che la guerra durerà poco.
Invece passano gli anni. E il travestimento da espediente diventa una
seconda pelle e genera una nuova persona. Paul si trasforma veramente in
Suzanne.
Qualcosa di simile accade nel commovente The Danish Girl
di Tom Hooper, film nelle sale italiane in questi stessi giorni.
Anch’esso è la storia di una coppia felice, nella quale la moglie
innamorata spinge il marito a travestirsi da donna. Senza rendersi
davvero conto che dal loro viaggio oltre i confini dei generi non vi
sarà ritorno. Un vestito non è solo un vestito. Eliminare i peli con
l’elettrolisi e tagliarsi i capelli alla maschietta non sono azioni
neutrali. Paul ha disertato due volte: dal fronte e dal ruolo di uomo.
Ha rinnegato il genere maschile e ciò che esso comporta. Ma esercita lo
stesso rifiuto anche sul genere femminile che assume. Non diventa un
angelo del focolare o l’amica asessuata di sua moglie, bensì la nuova
donna che negli anni del conflitto timidamente occupa gli spazi liberati
dai maschi, e che trionfa nella sovversione del dopoguerra —
spregiudicata, sportiva, bisessuale seduttrice consapevole del proprio
potere: libera. Insomma, quella perturbante “donna moderna” che dal
1922, dopo il successo dell’omonimo romanzo di Margueritte si chiamerà
per sempre “garçonne”.
Per un breve periodo Suzanne è la garçonne
più famosa di Parigi. Dopo l’amnistia del 1925, Paul può riprendere la
sua identità originaria, tornare a essere uomo (e perfino padre). Si
interessano di lui/lei giornalisti e scrittori. Ma dopo aver decostruito
due generi, Paul non è più niente. Un molesto ubriacone, disoccupato,
di cui la moglie può sbarazzarsi senza che la società la riprovi.
L’assassina diventa la vittima, la vittima l’assassino (come afferma
esplicitamente il sorprendente maschile del titolo).
Gli autori
ricostruiscono personalità dei protagonisti e contesto con diligenza e
minuzioso lavoro d’archivio. La scrittura fin troppo scarna è arricchita
da una dovizia di immagini (cartoline, radiografie, ritagli di
giornale, fotografie — tra cui le più curiose quelle di Paul en
garçonne). Un indispensabile allargamento della prospettiva offre la
post-fazione di Teresa Bertilotti, che esplora la ricezione del caso di
Paul e Louise nell’Italia fascista — della censura giornalistica sulla
“nera” e di Gadda che seguiva processi e delitti in cerca della storia
giusta per diventare uno scrittore romanzesco da “grosso pubblico”. Lo
confronta inoltre con altri celebri casi giudiziari degli anni Trenta,
fornendo a quello di Paul e Louise ulteriori rifrazioni e chiavi di
lettura.
Ma se questa storia irradia ancora un’attrazione
magnetica non è solo per le ragioni sociali e culturali sviscerate dagli
autori e dalla curatrice. È perché fa risuonare un’eco più profonda,
riattivando una memoria quasi ancestrale. Paul, eterosessuale e
inguaribilmente maschio, ha nostalgia dell’identità femminile perduta.
Non può ammetterlo, ma lo rivela la violenza crescente che esercita
contro gli altri e contro di sé (anche attraverso l’alcolismo). Più
della psicanalisi e della storia, è la mitologia che ci aiuta a spiegare
le ragioni che fanno di Paul/Suzy una vittima sacrificale, immolata
sull’altare della repressione. Come l’ottico Paul, il veggente Tiresia
visse tre volte. Nacque uomo, divenne donna per alcuni anni, poi
riassunse la sua identità maschile. Era l’unico a conoscere le due forme
dell’amore. Perciò quando Zeus ed Era disputarono su chi, tra il
maschio e la femmina, godesse di più a letto, fu lui che consultarono.
Tiresia non esitò un istante a rispondere. «Se dividiamo in dieci parti
il piacere d’amore, tre volte tre vanno alla donna, e all’uomo una
sola». Era questo il segreto di Paul, che tutti volevano fargli
confessare. La ragione del fascino che esercitava sugli altri, anche
dopo aver riassunto l’aspetto (invero non seducente, come svelano le
fotografie) di uomo. Aveva violato tutti gli interdetti sociali (la
legge, il sesso, il sangue). Ma questo sapere che sovvertiva la presunta
gerarchia della natura era, davvero, imperdonabile.
IL LIBRO La
garçonne e l’assassino di Fabrice Virgili e Danièle Voldman (Viella,
trad. di T. Bertilotti e V. Lanciotti, pagg. 144, euro 19)