Repubblica 13.3.16
Nadia, la top gun che digiuna in cella per la libertà
Fa parte di una milizia paranazista ucraina. Mosca la accusa di omicidio, in patria è un’eroina
di Nicola Lombardozzi
MOSCA.
Lo stile è proprio quello della top gun. Coraggiosa e sprezzante,
Nadezhda Savchenko ha mostrato il dito medio in diretta tv al giudice
russo che chiedeva per lei 25 anni anni di carcere nell’aula del
tribunale di Donetsk, cittadina russa omonima del tormentato capoluogo
del Donbass: «Volevate una mia dichiarazione? Questa è la sola cosa che
posso dirvi». A sorprendere non era tanto il tono quanto l’energia di
questa donna di 35 anni in carcere da quasi due e devastata da un
infinito sciopero della fame interrotto solo da qualche rara nutrizione
forzata imposta dai medici. Nadezhda, che sia in russo che in ucraino
vuol dire Speranza, continua comunque a reggere il suo ruolo di eroina
della rivoluzione ucraina e di acerrima nemica della Russia. A Kiev la
amano, a Mosca la guardano con sospetto e poca compassione. In attesa
del verdetto, il 21 marzo, molti cittadini e anche intellettuali e star
dello spettacolo scrivono e twittano a Putin per chiedergli di
liberarla. Un po’ per umanità, un po’ per il disagio di un processo
quantomeno singolare.
La vicenda parte da uno shock non da poco
per l’opinione pubblica russa: la morte di due popolari volti della tv
uccisi nel Donbass durante un bombardamento dell’artiglieria ucraina.
Savchenko, secondo l’accusa, avrebbe fornito agli artiglieri le
coordinate per colpire la postazione televisiva russa.
Carriera
militare, un passato da tiratore scelto e poi da pilota di elicotteri da
combattimento, Nadezhda nell’estate del 2014, durante l’insurrezione
delle province ucraine filorusse si era arruolata volontaria nel
battaglione Ajdar. Una formazione paranazista che perfino Amnesty
International accusa di rappresaglie e atrocità contro i civili. Molto
ambigua è invece la ricostruzione di come sia finita nelle mani della
giustizia di Mosca. Secondo alcuni lei stessa avrebbe chissà perché
varcato il confine, finendo per essere catturata. Altri sostengono, più
credibilmente, che sia stata presa dalle milizie filo russe e consegnata
ai loro “capi” di Mosca. Per il governo di Kiev, invece ci sarebbe
stato un vero e proprio rapimento. In patria la top gun, che gli amici
chiamano affettuosamente Nadia, è diventata un simbolo: «La nostra
Giovanna d’Arco». Certo non giova alla sua immagine, anche nei confronti
dei governi occidentali che ne chiedono la scarcerazione, il fatto che
sia diventata un’icona di quei gruppi militari armati che inneggiano ai
collaborazionisti di Hitler e che chiedono a gran voce in piazza «lo
stermino di tutti i russi del paese». Perfino Yiulia Tymoshenko, che ha
sfruttato la notorietà della pilota facendola eleggere deputato nel suo
partito, ha messo da parte le magliette con il volto di Nadia.
L’imbarazzo è reciproco e Nadia rischia di restare sola. L’unica via
d’uscita è una trattativa per uno scambio di prigionieri. Poroshenko si
offre, Putin fa sapere che «ci sta pensando». Resta il nodo
fondamentale: la Russia non può ammettere di essere stata in guerra con
l’Ucraina e non può dunque accettare in cambio militari russi catturati
dalle forze di Kiev. Nadia aspetta tra mille dubbi e sussurra: «Morirò
prima di essere condannata».