sabato 12 marzo 2016

Repubblica 12.3.16
Il bivio di Angela mamma o matrigna dell’Europa
Domani il test elettorale che può condizionare il futuro della Merkel
di Bernardo Valli

ATTRAVERSO i sentimenti ispirati da Angela Merkel si possono misurare gli umori europei. Funziona come un termometro. “Mutti” può essere mamma o matrigna. Adesso sulla cancelliera si riversano le critiche delle opinioni pubbliche, non solo tedesche, in larga maggioranza traumatizzate dall’arrivo in massa dei migranti. E lei è ritenuta responsabile di averlo favorito allargando le braccia e aprendo le porte della Germania. Domani si va alle urne in tre Laender e benché si tratti di elezioni regionali il risultato sarà letto, non solo nella Repubblica federale, come un voto a Angela Merkel. L’estrema destra potrebbe emergere per la prima volta raccolta in un partito. La colpa ricadrà su di lei che ha provocato questa vergogna evitata finora dalla Germania postnazista. In molte capitali europee si pensa che dalla “sconsiderata” iniziativa umanitaria della cancelliera tragga profitto l’estremismo populista.
INVECE di analizzare l’incapacità dei governi europei di affrontare insieme un’emergenza che può influire sui connotati delle nostre società, si rimprovera ad Angela Merkel il suo moralismo politico Il primo ministro francese, Manuel Valls, trovandosi a Monaco di Baviera, ha parlato della sua ingenuità nel dichiarare la disponibilità ad accogliere milioni di profughi dal Medio Oriente. Lo stesso giudizio è apparso normale in bocca all’ungherese Orbán, che ha messo il filo spinato ai confini, anticipando quel che hanno poi fatto o stanno facendo altri governi. Ma Valls è un socialista che ha accusato la leader democristiana, capo di un partito di centrodestra, in parte moderato in parte conservatore, di essere troppo debole con i disperati della guerra di Siria e di Iraq che chiedono asilo.
In questa crisi che fa vacillare l’Unione europea, la cancelliera ha agito come la figlia del pastore luterano, come la donna nata e cresciuta nell’Est comunista, dove ha conosciuto il filo spinato e ha subito la proibizione di raggiungere il mondo al di là del Muro. Anche lei ha visto da vicino le pene dei profughi. La sua sensibilità ha suscitato ammirazione ed esasperazione. Quest’ultima ha finito col superare la prima.
L’estate scorsa, quando lei ha deciso di aprire le frontiere, l’Europa l’ha lasciata in sostanza sola. Per il filosofo francese Etienne Balibar, nel momento in cui Angela Merkel ha preso la decisione unilaterale di non tener conto delle regole di Dublino (sull’asilo) per poter accogliere liberamente in Germania i migranti, bisognava scegliere tra due atteggiamenti: affiancarsi a lei e mobilitare l’Unione, che conta cinquecento milioni di abitanti ed è una delle aree più ricche del mondo, oppure organizzare il sabotaggio di quel che la cancelliera tedesca proponeva. Dopo lunghe esitazioni alcuni paesi hanno annunciato il loro appoggio, ma di fatto hanno scelto il sabotaggio, magari con l’inerzia, altri sono stati invece più brutali nel rifiuto.
Sembrava un’ingenuità ubbidire all’etica della convinzione e non lasciarsi guidare dall’etica della responsabilità, alla quale gli uomini di governo devono attenersi. Ma in questo caso convinzione e responsabilità si confondevano. Rispondere all’urgenza umanitaria significava anche rispettare i principi fondatori dell’Europa. Era un atto di responsabilità politica, da assumere collettivamente.
Nei mesi, negli anni precedenti, l’immagine di Angela Merkel era diversa. A Atene, ma anche in altre capitali, era rappresentata con i baffi di Hitler o l’elmo chiodato di Bismarck. Predicava l’austerità. Era detestata. Era giudicata senza pietà. Le accuse erano pesanti. Le regole imposte dalla Germania governata da “Mutti”, nella versione matrigna, riducevano alla fame i greci e dividevano i paesi della zona euro in due categorie: in una erano compresi gli inetti del Club Med, nell’altra quelli meritevoli della moneta unica discendente dal marco tedesco.
La sbiadita società politica europea, divisa e incapace di affrontare la tragedia umana abbattutasi sul continente, lascia intravedere adesso un’altra Angela Merkel. Una cancelliera cinica. Furba. Maestra di tartuferia. La dissacrazione è stata rapida. E assomiglia a una rivalsa di chi era apparso egoista al momento del suo slancio umanitario. Dopo avere messo in riga l’Europa, dopo avere attirato orde di profughi nelle nostre contrade, cerca adesso di affidare ai turchi il compito di proteggerci da quella marea umana. Niente più pianti per i bambini annegati nell’Egeo e nel Mediterraneo, ma una disinvolta, fredda trattativa con il governo islamo-conservatore di Erdogan, non certo esempio di democrazia.
Alla Turchia verrebbe affidata la guardia dell’Europa in cambio (per il momento) di sei miliardi di euro e di una più spedita procedura per l’ingresso nell’Unione. Lasciata sola dagli europei Angela Merkel è rimasta con un milione di profughi in Germania e alla ricerca di soluzioni che calmino la crescente opposizione interna, alla vigilia di una elezione che sarà un importante test politico. La situazione si è rovesciata: chi l’accusava di moralismo adesso le rimprovera, nel nome della morale, di voler vendere le chiavi dell’Europa al turco Erdogan, che viola la libertà di stampa, massacra i curdi e vuole entrare di forza nell’Unione europea. Tutto è ancora da negoziare, nulla è stato deciso, ma a preparare il grande baratto è stata lei, di soppiatto. Senza neppure avvisare Parigi, l’altra capitale dell’asse franco-tedesco, che in questa congiuntura non ha funzionato. Dal dramma ancora lontano dalla fine si trae l’impressione che il solo grande protagonista, ad ogni tappa (economica, umanitaria, diplomatica) sia la cancelliera. Troppo severa? Troppo sentimentale? Troppo cinica? Senza veri partner sulla ribalta è lei che interpreta tutti i ruoli.