sabato 12 marzo 2016

Corriere 12.3.16
Il gip di Milano: il Senato paralizza l’inchiesta su Tremonti
Ipotesi di corruzione, il Tribunale si rivolge alla Consulta: «Non può essere la politica a qualificare il reato»
di Luigi Ferrarella

MILANO Con l’espediente di dichiararsi incompetente, il Senato sta di fatto paralizzando l’inchiesta per corruzione sull’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, usurpando nella sostanza e menomando nella procedura le attribuzioni del potere giudiziario: perciò, senza precedenti tra i pur già rari conflitti di attribuzioni tra poteri dello Stato, il gip del Tribunale di Milano, Livio Cristofano, ieri ne ha sollevato uno con il Senato, chiedendo alla Corte Costituzionale di affermare che il 2 luglio 2015 non spettasse al Senato dare ai 2,5 milioni di Finmeccanica a Tremonti una qualificazione giuridica diversa da quella prospettata dal Tribunale dei ministri.
Questo collegio, competente a fare l’istruttoria e stabilire se fosse ministeriale la natura del reato iscritto nel 2014 dai pm Roberto Pellicano e Giovanni Polizzi, il 22 gennaio 2015 aveva ritenuto che nel 2008-2009 Tremonti, in concorso con Enrico Vitali (socio nel suo studio tributario) si fosse fatto pagare dalla Finmeccanica del presidente Pierfrancesco Guarguaglini e del direttore finanziario Alessandro Pansa una tangente di 2,5 milioni «mascherata» da finta consulenza fiscale sull’acquisto da parte di Finmeccanica della società americana Drs Technologies: tangente volta a far superare l’iniziale ostilità all’operazione di Tremonti quand’era già in predicato di divenire ministro dell’Economia (maggiore azionista di Finmeccanica).
Ma il 2 luglio 2015 il Senato, invece di verificare solo se Tremonti avesse agito «a tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante» o «nel perseguimento di un interesse pubblico preminente», «si dichiara incompetente per difetto della condizione di ministerialità del reato»: pattuizione illecita «collocabile l’8 maggio 2008, giorno della firma dell’apparente consulenza ma anche del giuramento di Tremonti come ministro, da cui poi la necessità, inespressa, di posizionare anche nell’ora il tempus dell’accordo corruttivo». La prosa è criptica: «A dispetto del ragionamento giuridico sui binari del tecnicismo esegetico, il ragionamento politico-istituzionale deve muovere dall’impulso delinquenziale e indagarne le ragioni politiche che eventualmente ne hanno guidato la genesi, sapendo persino di poter sovrapporre questa analisi escatologica sulla concorrente (e divergente) valutazione penologica». E l’esito è l’inedita decisione di non decidere, restituendo gli atti all’autorità giudiziaria «che potrà proseguire il procedimento penale nelle forme ordinarie». Ignote però all’ordinamento.
Il 3 marzo i pm scrivono al gip che «non è agevole riassumere» il «ragionamento non poco circonvoluto» e «contraddittorio» con il quale il Senato «interviene pesantemente» con «passaggi azzardati» sulla qualificazione del reato già valutata dal competente Tribunale dei ministri, e «si ritrae in una sorta di non liquet » che ambiguamente produce «gli stessi effetti paralizzanti» di un diniego formale. Obbligata è la richiesta di archiviazione al gip, «salvo che ravvisi elementi per sollevare conflitto di attribuzione». Ed è quanto ieri fa il gip Cristofano: se il Senato avesse voluto contestare la ministerialità del reato riconosciuta dal Tribunale dei ministri, avrebbe dovuto sollevare conflitto di attribuzione alla Consulta. Invece ha restituito gli atti al giudice con decisione che «sottende la soluzione, unilateralmente assunta, di un monopolio assoluto in capo al Parlamento sulla qualificazione giuridica a prescindere dal vaglio del competente Tribunale dei ministri, finendo così con l’imporre al giudice ordinario di procedere sulla prospettazione giuridica decisa dall’organo politico».