venerdì 11 marzo 2016

Repubblica 11.3.16
Le elezioni comunali.
A Milano Colombo ha deciso di non correre, ma altrove si moltiplicano i candidati di Sel contro quelli del Pd. E per loro aumenta il rischio di sconfitta, come in Liguria
I dem sotto il fuoco amico da nord a sud è lite a sinistra
di Sebastiano Messina

ROMA. Napoli è stata l’ultima postazione a finire sul radar. Quelle di Bologna e Torino erano già state avvistate da un pezzo, e presto avranno un nome e un cognome altri due puntini rossi che già lampeggiano minacciosi, Roma e Milano. «Fuoco amico», lo chiamano al Nazareno. Sono i candidati di sinistra – ieri compagni, sodali e alleati – che difficilmente vinceranno, ma probabilmente riusciranno a far perdere il Pd. E non serve a nulla liquidarli come «le liste dei rosiconi»: Renzi e i suoi ormai sanno che su quel fronte dovranno combattere, se non vogliono che si ripeta il disastro di Genova, dove nove mesi fa il candidato di Vendola e di Civati spaccò il centro-sinistra, incassò il 9,4 per cento e fece vincere il berlusconiano Toti.
Lo scenario è ancora in movimento, i nomi ondeggiano e le posizioni fluttuano. E non solo a Napoli, dove Antonio Bassolino – se alla fine scenderà in campo - sarà il secondo rivale del Pd alla sua sinistra, perché lì c’è già De Magistris (e con la benedizione di Sel). Anche a Milano c’è un colpo di scena al giorno: l’altro ieri si era fatta da parte Francesca Balzani, vice di Pisapia e sfidante (sconfitta) di Sala, avvertendo che non ci sarà lei in cima alla “lista arancione” destinata a portare al candidato del Pd i voti della sinistra inquieta. E ieri, prima che gli alternativi anti-Sala potessero gioirne, s’è chiamato fuori anche Gherardo Colombo, con una motivazione tagliente: non voglio essere il candidato della sola sinistra di questa città, «una posizione nella quale non mi riconosco, pur condividendo alcuni princìpi che rappresenterebbe ». Comunque, come s’è affrettato ad annunciare Basilio Rizzo, già portabandiera della Federazione della Sinistra, «anche senza Colombo una candidatura ci sarà. Potrebbe essere Curzio Maltese. Ma dobbiamo evitare il tutti contro tutti».
Eppure è proprio quello che sta succedendo. Vedi Torino, dove Sel – che cinque anni fa era alleata di Piero Fassino – oggi lo sfida con un suo candidato, Giorgio Airaudo, che ha come obiettivo non la vittoria ma «un risultato come l’8 o il 10 per cento, perché vorrebbe dire che una sinistra alternativa c’è, in questo Paese». E magari, senza quell’8-10 per cento, Fassino non riuscirà a vincere al primo turno: poi si vedrà. Ma Airaudo, che con Landini guidava l’ala sinistra della Fiom, nella sua sfida al sindaco che cominciò la sua carriera politica come segretario della federazione comunista troverà a sua volta un concorrente più a sinistra di lui: Marco Rizzo, l’ex capogruppo alla Camera dei cossuttiani che ha fondato un Partito comunista tutto suo, il Pc (senza la “i”). Compagni contro compagni contro compagni.
La stessa cosa sta per succedere a Roma, dove s’è creato un ingorgo alla sinistra del Pd. Dopo quella di Stefano Fassina, infatti, potrebbe prendere corpo la candidatura di Massimo Bray, l’ex ministro che rinunciò al seggio (e allo stipendio) di parlamentare per tornare alla Treccani, ma anche, e soprattutto, perché grande amico di Massimo D’Alema. Dopodiché è arrivata la notizia – non inaspettata – che scenderà in pista anche l’ex sindaco Ignazio Marino, che mai ha mandato giù la sua defenestrazione decisa davanti al notaio dal Partito democratico. Così al momento sono in tre i nomi che potrebbero sfidare Roberto Giacchetti, anche se presto ne rimarrà solo uno, scelto non con le primarie ma con un nuovo metodo, i caucus alla romana.
Poi c’è Bologna. Che Sel volesse sfidare il sindaco del Pd Virginio Merola, dopo averlo sostenuto cinque anni fa, si sapeva da un pezzo. Come l’abbia fatto, è però rocambolesco. Ha fatto tutto Mauro Zani, storico segretario emiliano del Pds prima e dei Ds poi, lanciando una Coalizione Civica che doveva nascere al di fuori dei partiti, sfidando quel Pd di cui lui non ha mai preso la tessera. Poi però i vendoliani hanno messo in campo il loro uomo, Federico Martelloni, che alle primarie ha strabattuto la “civica” Paola Ziccone, e allora - mentre Sel alzava la sua bandiera sul campo di battaglia - Zani se n’è andato sbattendo la porta.
«Adesso lo schema è chiaro e dimostra che ciò che è accaduto un anno fa in Liguria era solo l’antefatto di un disegno più sgradevolmente ambizioso: il rigurgito dei rottamati ha come unico obiettivo la spallata a Renzi» commenta da Genova Raffaella Paita, la candidata renziana sconfitta a maggio da Toti.
«È curioso - replica Nicola Fratoianni, coordinatore di Sel che ancora oggi ci venga imputata quella sconfitta, dovuta solo agli errori della Paita». Sarà. Eppure dopo Genova che Sel ha fatto saltare i ponti a Torino, a Bologna, a Napoli, a Torino e a Roma, ora il Pd teme il «fuoco amico». Fratoianni sorride: «Macché fuoco amico. Noi non siamo amici, siamo avversari di Renzi e del suo Pd. Non l’hanno ancora capito?»..