Repubblica 11.3.16
Viaggio nel palinsesto dopo lo stop del direttore generale Rai Campo Dall’Orto
“Basta parlare di delitti almeno la domenica pomeriggio”
Il circo della cronaca nera in tv e il dolore fa volare lo share
di Antonio Dipollina
LA
REALTÀ, là fuori, fiorisce di delitti uno peggio dell’altro. E la tv
esplode, vibra di racconti live, parenti accaniti, testimoni che
accorrono ovunque ci sia una telecamera, avvocati, criminologhe in
fiore, genitori dolenti, drammi pazzeschi e incontrollabili. E in questo
baccanale il nuovo capo della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, se ne esce
dicendo nei giorni scorsi a Repubblica che no, almeno a “Domenica In” la
cronaca nera deve sparire, e da subito, perché così non si fa: e sembra
il segno di un cambiare verso, per dire, non solo per la singola
trasmissione. Premesso che i rivali di Mediaset non si sono mai fatti
scrupoli particolari sul tema, in Rai c’è vago sconcerto. Che fare? A
“Domenica In” stanno meditando, e mancano poche ore ormai. Ma il resto
dei programmi, non moltissimi, ma di gran peso e lungo chilometraggio su
delitti e indagini, come vivono il momento?
LA VISIONE in questa
settimana di ore e ore alle prese con Vespa, “Vita in diretta” e così
via, rimanda una tale quantità di impegno, analisi e controanalisi,
collegamenti, servizi minuziosi, deduzioni ed emozioni da paura. Ancora
non hanno passato il Luminol sulle pareti — si fa per dire — e Vespa ha
in studio il padre di uno dei ragazzi del delitto più atroce. Gli altri
si scatenano ovunque. Ci sono quei dieci-quindici delitti sempre in
piedi, magari il colpevole è lampante ma finché non arrivi al terzo
grado di giudizio ci fai sopra televisione a valanga. Gli ascolti
tengono benissimo, qualcuno brancola nel buio, la televisione no.
Bisogna cambiare direzione? Andateglielo a spiegare voi, ma fate piano.
CONCORRENZA AGGUERRITA
Il
senso sta per esempio nella prima ora, un’ora intera, della “Vita in
diretta”, ieri. Cristina Parodi con qualche pudore li introduce come
«gli aggiornamenti sui fatti di cronaca », senza aggettivi. La cronaca
in questione è più nera della notte nera, in realtà: e parte una
sventagliata da paura di collegamenti su quattro, cinque, sei casi più
efferati in corso, Rosboch, Isabella Noventa, omicidio Varani e così
via, e torna anche la povera Guerrina Piscaglia e il prete, tutti
collegamenti o servizi esterni, parenti, aggiornamenti, novità brucianti
(interviene all’improvviso Marco Liorni: «C’è un’ultima ora, Foffo ha
chiesto di parlare con l’avvocato»). Vietato fare le anime belle, per di
più dopo il decennio di Avetrana che tra parenti consenzienti e freaks
assortiti ha demolito le resistenze di chiunque in tv: se Liorni e la
Parodi facessero puntate intere sulle Onlus che fanno del bene, su
Canale 5 la D’Urso caricherebbe i morti ammazzati a palla, farebbe il
triplo di ascolti e il giorno dopo tutti ma proprio tutti direbbero che
alla “Vita in diretta” sono fessi o quasi. Quindi bando alle accuse di
morbosità, o almeno farle diventare qualcos’altro.
VESPA E IL PADRE DI FOFFO
Con
le puntate di politica ormai ridotte a due o tre al mese (e a patto che
ci sia Verdini in studio, almeno, per non far tramontare mai
l’inquietudine e anche la paura nel pubblico) “Porta a Porta” vive ormai
di show leggero e morti ammazzati, alternandoli con sapienza. L’altra
sera, dopo vaghe polemiche (ormai non polemizza più nessuno davvero)
Vespa si è anche rivolto alla telecamera: «Ma scusate, non dovevamo
invitare il padre di Foffo? Ma siete impazziti?» («Ma siete impazziti»
non l’ha detto, il senso però era quello). La sera in cui lo sventurato
padre di tanto sventurato figlio era da Vespa però, è passata come
memorabile. Insieme alle accuse del dopo («Vespa doveva fare così o cosà
o il contrario e comunque non si fa così». Fine, appuntamento alla
prossima ospitata-scoop), quella in onda è stata una rappresentazione
agghiacciante di quelle che la fiction si sogna, e per il risultato
televisivo tanto basta. E attenzione a come ormai su casi così clamorosi
si muovono gli avvocati della difesa, a caccia di consensi e
soprattutto per capire da subito l’effetto mediatico della strategia
difensiva.
IL METODO CHI L’HA VISTO
Sono quelli di “Chi l’ha
visto?”, nessuno li critica, vengono da una tradizione storica, hanno
regole più ferree di altri. Lo sbarco nel bailamme delle indagini sui
casi più clamorosi se lo sono conquistato prendendosi subito patenti di
credibilità: l’altra volta la Sciarelli a un interlocutore reticente ha
opposto una tremenda imprecazione live e tutti l’hanno presa come una
cosa a cui avesse assolutamente diritto. In genere forniscono scoop e
testimonianze che vengono poi riprese a pieni mani dagli altri
programmi.
LA CARICA DELLE CRIMINOLOGHE
Gli studi Rai ormai
brulicano di esperti. Con la qualifica fissa di criminologo passano
molti personaggi, diretti discendenti della collaudata coppia femminile
Bruzzone-Matone che impera da Vespa. Sul settore bionde, la criminologa è
spesso tale, a “Domenica In” ne è sbucata una molto più leggiadra della
Bruzzone, giovane e accattivante, Flaminia Bolzan. La sua pagina
Facebook si chiama Logichecriminali, tutto attaccato. Poi ci sono
avvocati del caso in questione e avvocati esperti generici e a un certo
punto scatta il talk fra di loro: hanno un eloquio tipico del mestiere,
possono inchiodarti per lunghi minuti dicendo «Qui siamo nell’àmbito di
cautela» e si intuisce il pubblico a casa che guarda soggiogato. Ai talk
di politica fuggono tutti al primo accenno di ragionamento minimamente
complesso, qui l’àmbito di cautela acchiappa come nient’altro. Simonetta
Matone, l’altra sera da Vespa, ha tentato l’inosabile: «Del delitto di
Roma possiamo parlare quanto vogliamo, ma non riusciamo ad affrontare il
vero tabù, quello di cui non parliamo mai: ovvero la cattiveria umana».
Vespa l’ha guardata un po’ così, come a dire: ma lei s’immagini se
faccio una puntata su quanto siamo cattivi. E comunque parli per lei.
STAR DEL PICCOLO SCHERMO
Nell’ultima
“Domenica In” — forse anche l’ultima con cronaca nera dentro — è stata
la protagonista, altro che testimone o esperta. Ingresso da star con gli
applausi del pubblico in piedi, con Paola Perego un faccia a faccia
degno di una grande attrice. Adesso ha anche imparato a dire che
l’imitazione di Virginia Raffaele la diverte molto. L’impressione rimane
purtroppo che, se potesse, le scatenerebbe contro una muta di cani
feroci. Nell’intervista ha spiegato che tutto iniziò da bambina quando
prese di petto papà e mamma che le raccontavano La Bella Addormentata,
sostenendo: «Ma se ha dormito cento anni vuol dire che è morta!». Si
intuiscono i genitori già commossi allora a immaginarla un giorno in tv e
lei bimba che si addormenta sognando l’autopsia della Bella
Addormentata. Comunque, una forza della natura.
Insomma, non sarà
esattamente semplice. Mettere le mani in questo ginepraio appare impresa
impossibile e magari anche immotivata: il punto è che a parte rari e
controversi casi (vedi Franca Leosini, che però appena è uscita dalla
terza serata, è andata in prima, ha squadernato condannati, si è presa
un sacco di critiche) nessuno racconta più la nera in tv ma tutti la
vivono live. Nello specifico, poi, un conto è depurare la vetusta
“Domenica In” — che peraltro in quella parte dura poco, fa ascolti
bassi, viene vissuta come parte dell’arredamento — un altro è dare un
segno complessivo. Con il rischio per di più che il cambio per “Domenica
In” venga vissuto come una cosa del tipo: non è bello svegliare quei —
pochi — italiani dal pisolino post-prandiale e scodellare i delittacci.
Ovvero il contrario di una cosa innovativa.