Corriere 11.3.16
Tacchi a spillo e smalto, poi il delitto «Il movente? Desiderio di malvagità»
Hanno provato a strozzare la vittima a mani nude: «Lui si batteva per rimanere in vita»
di Fulvio Fiano
Roma
La «fredda ideazione, pianificazione ed esecuzione di un omicidio
efferato, preceduto da sevizie e torture, senza altro movente se non
quello apparente di appagare un crudele desiderio di malvagità».
Sono
le parole con cui il gip Riccardo Amoroso descrive l’assassinio di Luca
Varani e firma l’arresto — aggravando il fermo iniziale — di Manuel
Foffo e Marc Prato. Solo le «importanti divergenze» nei racconti fatti
dai due non permettono ancora di decidere sulle aggravanti della
premeditazione, crudeltà e motivi abietti contestati dalla Procura. Le
due versioni sono due film in cui regia e protagonisti hanno ruoli
opposti. Anche su aspetti più marginali, ad esempio il perché Prato sia
vestito da donna — con smalto, parrucca e tacchi a spillo — nei giorni
trascorsi assieme.
Secondo Marc, Manuel negando la sua
omosessualità, accettava di avere rapporti solo con il travestimento del
futuro complice. La scintilla dell’omicidio nasce così in Foffo proprio
durante un rapporto a tre con Luca, in cui Manuel interviene «dopo aver
leccato i tacchi a spillo ed essersi fatto camminare sul corpo
partecipando all’eccitazione sessuale». Racconta Prato: «Manuel era come
impazzito mi ha chiesto prima di versare un farmaco nel bicchiere di
Luca e poi dopo che questo aveva cominciato a stare male mi ha chiesto
di ucciderlo: “Questo stronzo deve morire”, urlava in preda a un
improvviso e insensato odio e repulsione verso Varani». Anche la ricerca
di una vittima sarebbe nata per assecondare una fantasia di Manuel:
«Voleva simulare uno stupro con un prostituto-maschio», dice Prato e non
trovandolo nel loro giro in auto, i due chiamano Varani.
Fatta
questa premessa, Prato spiega così la sua partecipazione al delitto:
«Ero infatuato di Manuel e ho cercato di assecondare la sua follia
omicida, obbedendo in modo passivo alla sua richiesta di strozzarlo».
Marc dice di averci provato a mani nude «ma senza riuscire a stringere
in modo da ucciderlo». Anzi, «Luca pareva voler combattere per rimanere
in vita». A quel punto, mette a verbale Prato, affiancato dal suo
avvocato Pasquale Bartolo, interviene Foffo e «in preda a una furia
bestiale inizia a colpirlo con il martello in testa, adirandosi sempre
di più per non riuscire, nonostante tutti i colpi, a provocarne la morte
e chiedendomi ripetutamente di aiutarlo».
Nella versione di Prato
il suo intervento è quasi un gesto pietoso per la vittima: «Ho iniziato
a pensare che Luca era ormai in fin di vita e sarebbe stato meglio
aiutare Manuel a portare a termine la sua azione omicida per evitare che
soffrisse ancora». Insomma, riassume il gip, «secondo la descrizione di
Prato, le plurime ferite e i colpi inferti tutti da Foffo non erano
pertanto rivolti a provocare inutili sadiche sofferenze alla vittima, ma
sarebbero stati tutti per uccidere e il conseguente accanimento di
Foffo era dovuto soltanto all’incapacità di assestare dei colpi
mortali».
Foffo, da parte sua, pur avendo «ricordi più
frammentari», fornisce una «descrizione nettamente in contrasto» con
quella di Prato. L’unico punto in comune è l’ammissione di aver agito
assieme. «Non sono attratto dagli omosessuali e prima dell’arrivo di
Luca, nei tre giorni trascorsi assieme, ho avuto con Marc solo un
rapporto orale a causa dell’alcol e della droga che avevamo assunto»
esordisce. Il travestimento da donna di Prato resta per Foffo
«inspiegabile». Ma soprattutto è diversa, nel suo racconto, la genesi
della decisione di uccidere. «Un’idea delirante — scrive il gip —
maturata già il giovedì durante l’uscita in macchina in cerca di una
vittima che si sarebbe poi tacitamente concretizzata quasi come un
accordo tra loro alla vista di Luca nella mattina di venerdì». Una
versione, questa, che poi Foffo ha parzialmente modificato nei
successivi interrogatori, affiancato dall’avvocato Michele Andreano.
L’ultimo ieri pomeriggio, in cui ha chiesto di poter chiarire al pm
Francesco Scavo alcune dinamiche sui rapporti con il complice: «Mi
sentivo minacciato da lui».
Il gip motiva la detenzione in carcere
con la «gravità dei fatti emersi», «l’allarme sociale suscitato dalle
loro personalità disturbate» e l’impossibilità di controllarne le
reazioni. Prato «si sarebbe potuto rendere anche irreperibile, ove non
avesse concretamente tentato il suicidio, tenuto conto della
imprevedibilità delle reazioni emotive». Ed entrambi gli indagati «sono
soggetti inaffidabili per i loro comportamenti irrazionali motivati
dall’abuso di alcolici e stupefacenti».
Marc e Manuel sono due
pericoli: «Le modalità raccapriccianti della loro azione omicida,
l’efferatezza delle sofferenze inferte alla vittima prima di ucciderla
sono indice di personalità disturbate, prive di sentimenti di pietà, e
come tali pericolose, e quindi anche in grado di ripetere condotte
analoghe, tenuto conto dell’inquietante individuazione della vittima in
apparenza scelta a caso e selezionata non è dato ancora sapere in base a
quali sue caratteristiche personali correlate all’età, sesso,
orientamento sessuale, ceto sociale o altro».
Né si può «fare
affidamento sui loro sensi di colpa, peraltro neppure manifestati, in
nome di una presunta occasionalità di condotte violente deliranti e di
una loro eccezionalità rispetto a un’apparente normalità del loro
consueto stile di vita».