Repubblica 10.3.16
Lo strano caso di Brogli Puliti
Primarie senza regole ma non si tollerano ritardi per chi vuol fare ricorso
di Francesco Merlo
SARÀ
ricordato come il broglio pulito, il broglio più onesto della storia
d’Italia, il broglio che non riesce ad essere un imbroglio nella città
del pacco, del doppio pacco e del contropaccotto. Intanto con un euro
non si corrompe nessuno.
“REATO impossibile” ai sensi
dell’articolo 49 comma 2 del Codice penale per “inidoneità dell’azione”.
Tradotto dal giuridichese vuol dire che la volontà di un qualunque
elettore costa più di un euro. A Napoli un euro non basta neppure per un
caffè sospeso, non vale il piatto di lenticchie con cui Giacobbe comprò
Esaù, ed è ventinove volte meno del prezzo base del tradimento fissato
per sempre in trenta denari, che ai tempi di Pilato erano il costo di
uno schiavo ucciso o di due donne vive.
Giuda in questo caso
sarebbe Tonino Borriello, ras di San Giovanni a Teduccio, anima rossa
della periferia orientale di Napoli, l’ex apostolo che, da consigliere
comunale, celebrò, all’insaputa di tutti, il matrimonio di Bassolino e
Anna Maria Carloni e ora invece, all’improvviso, ha abbandonato il suo
maestro e si è messo a distribuire monete da un euro. «Uno di voi mi
tradirà» aveva detto Bassolino la sera prima dello “scuorno”, alludendo
senza nominarlo a questo Iscariota. Ma è difficile identificare
Bassolino con Gesù Cristo, neppure nella versione del povero cristo,
anche perché l’euro è stato donato pure agli elettori bassoliniani.
Di
sicuro non c’è la Napoli malandrina della truffa organizzata nelle
immagini che i bravissimi colleghi di Fanpage. it hanno messo in rete,
dando una lezione di quel new journalism, di cui tutti straparlano, che è
la solita strada battuta con gli smartphone al posto dei taccuini, è il
vecchio retroscena ma nell’era digitale, la prova in video che il dio
della cronaca sta ancora e sempre nei dettagli fuori mano e fuori campo.
E figuriamoci cosa avrebbe rivelato il fuori scena se davvero nella
Napoli dei magliari fosse andata in scena la grande patacca. A Napoli
c’è infatti la tradizione dei corruttori populisti come il comandate
Lauro che saldava debiti, pagava bollette e dava, prima del voto, la
scarpa destra, e quella sinistra dopo il voto. E a Napoli c’è stata
anche la Dc del voto di scambio con Gava che puniva i dissidenti
chiudendoli nei portabagagli delle auto. C’è pure la ferocia di Gomorra
con le schede precompilate stampate nei bassi e spacciate dai guaglioni
in sella alle paranze (i motorini).
La verità è che la parola
broglio in Italia è il tic linguistico degli sconfitti, e ancora adesso
si riconteggiano le elezioni perdute e contestate da Berlusconi e vinte
da Prodi. E molti storici, anche di sinistra, hanno avvalorato l’ipotesi
che persino la Repubblica sarebbe nata da un broglio elettorale, dal
conteggio truccato del Referendum.
Ma qui, almeno da quello che
finora abbiamo visto, nei video non c’è la democrazia taroccata ma la
democrazia spaesata, l’elettore frastornato, la comicità di quell’euro
che è un rimborso spese perché chi aveva deciso di votare alle primarie
di Napoli doveva comunque versare al partito il prezzo simbolico di un
euro. Scrutatori, rappresentanti di lista e militanti hanno dunque
rimborsato il biglietto agli elettori. Ed è comico anche quel «vota a
femmena» che si sente nel video. Sembra la battuta di un film con la
Loren e con De Sica maresciallo. Qui infatti mancano la protervia e la
minaccia della guapperia. E confrontando, per esempio, queste immagini
con quelle dei cinesi di Milano o con quelle dei pullman dei nigeriani e
dei fascisti di Genova sembra quasi che ci sia più Sud nel Nord e
viceversa.
Sono figlio di napoletana e, se lo ius sanguinis mi
avesse dato il diritto di voto, in queste primarie avrei, senza
esitazioni, scelto Antonio Bassolino che, come sindaco, è molto
rimpianto, ma come presidente della Regione è bocciato senza pietà: un
bel caso di schizofrenia. «Che condivido anche io» mi ha confessato
Bassolino. E mi spiegò “il nonsipuotismo”. Il che? «Un erudito
napoletano del Settecento battezzò “nonsipuotismo” la rassegnata
filosofia del “non si può”». E citò i remake che dimostrerebbero che “si
può” rifare il sindaco: «Dalla Fiat Cinquecento a Guerre stellari». Gli
chiesi: vedi te stesso come lo Jedi di Napoli? «Sarà il ritorno della
forza» mi rispose.
Tra tanti ex comunisti convertiti al Papismo,
Bassolino, che senza la parola broglio entrerebbe oggi nell’aristocrazia
italiana degli sconfitti, la sola nobiltà politica prodotta nella
seconda Repubblica, è rimasto l’illuminista che, da sindaco, baciava
l’ampolla di San Gennaro «perché - dice - era come baciare Napoli». E
saliva la scala con i pompieri per portare i fiori alla Madonna «per
guardare da lassù il popolo di Napoli, felice e commosso. Era un atto di
intimità. E forse Dio è questo: sentirsi parte di qualcosa e compagni
di qualcuno».
Ecco, Bassolino è così napoletano che di sicuro ieri
mentre pronunziava le parole “mercimonio” e “disgusto” e “broglio” in
qualche angolo di sé tratteneva il riso. Il broglio infatti è lo stilema
che davvero nasconde una demagogia sapiente, una furbizia che nessuno
dovrebbe sottovalutare.
Per spaventare un bambino può bastare la
parola strega, per terrorizzare un bigotto è sufficiente invocare il
sabba, per far piangere un uomo che ha conosciuto il terremoto basta
dondolare il suo letto. Così basta pronunziare la parola “broglio” per
risvegliare in una parte degli italiani non solo l’ idea che il Potere
mai rispetta la sovranità popolare e utilizza la democrazia come gli
achei utilizzavano il cavallo, ma soprattutto la vecchia, tenace
convinzione che l’ imbroglio sia il nostro connotato strutturale e
persino antropologico.
Perché non dovrebbe essere credibile il
broglio elettorale in un Paese dove i dipendenti pubblici timbrano il
cartellino in mutande, i mafiosi militano nell’antimafia, la mozzarella
di Caserta è deformata con la diossina, il vino è alterato con il
metanolo, le lauree sono in vendita, il denaro dei piccoli risparmiatori
è a rischio, i risultati di calcio sono truccati, gli arbitri corrotti,
e così pure i dirigenti sanitari, e i concorsi universitari sono
alterati, i medici militano nelle case farmaceutiche e forse “si
broglia” anche al festival di Sanremo…, in un Paese così corrotto perché
le primarie di Napoli non dovrebbero essere false?
In realtà la
parola broglio a Napoli è, come ha scritto il direttore del Mattino
Alessandro Barbano «il lessico del conflitto». E poiché si ricorre a un
broglio per sconfiggere un broglio, la parola ha attivato un processo
dal quale rischia davvero di uscire il peggio della politica che pure
soltanto a Napoli domenica scorsa aveva visto l’inaspettata
partecipazione di più di trentamila persone.
Adesso invece il
rancore sta ingrossando l’imbroglio. Con una decisione da specialisti
del cavillo, da acrobati dell’opaco, il ricorso di Bassolino, che
rilanciava sino alla nausea l’idea del correre di nuovo, del ri-contare e
del ri-fare invece del fare, è stato bocciato, ma non come trucco da
sconfitto bensì per vizio formale. Il paradosso ridicolo è che in queste
primarie senza regole non si può tollerare un piccolo ritardo, 24 ore
dopo la chiusura dei seggi. E così davvero nell’imbroglio rimane pulito
solo il broglio.