«mi lascia perplessa il tono netto delle risposte di Stefano Fassina,
anche se ne apprezzo l’aspetto non prudente, non calcolato, che non
tiene conto delle convenienze. Per questo gli chiedo perché si presta al
gioco di definire cosa è di sinistra e cosa non lo è»
il manifesto 4.3.16
Perché a sinistra non ha senso contrapporre i diritti
di Bia Sarasini
È
proprio difficile uscire dal Novecento. È stato veramente sorprendente
leggere la contrapposizione tra mondo del lavoro e mondo dei diritti
individuali e civili, espressa da Stefano Fassina nell’intervista
rilasciata ieri all’Avvenire. Un salto in un passato che si pensava
lasciato alle spalle, il richiamare in vita l’accesa discussione che
risale almeno ai tempi delle leggi sul divorzio e l’aborto. Quando il
Pci considerava questi temi pericolosissimi diritti individuali e
borghesi, non prioritari rispetto alle lotte sociali e di massa.
Fa
parte, o dovrebbe far parte, della formazione delle generazioni
politiche post-sessantotto, una visione politica che non separa così
nettamente diritti individuali e diritti sociali. Naturalmente il
contesto è diverso, siamo nella piena contemporaneità delle nuove
tecnologie riproduttive e delle nuove famiglie. Fassina, che è candidato
sindaco a Roma della lista della sinistra unitaria, risponde alle
domande del quotidiano della Cei a partire dalla questione della
maternità surrogata, e della stepchild adoption. Temi complessi,
difficili, in cui si muovono convinzioni e sensibilità molteplici, e
diverse tra loro. La gestazione per altri, come le persone coinvolte a
cominciare dalle donne preferiscono che venga chiamata, divide anzi
spacca in modo trasversale, suscita emozioni anche violente.
È
inevitabile, per una questione che attraversa le vite, e riguarda una
questione cruciale come il modo in cui si viene al mondo, e la famiglia
di cui ci si trova a far parte. Divide prima di tutto le femministe. In
Italia come in altri paesi europei ci sono femministe che invocano un
divieto universale della Gpa. Altre ragionano a partire dalla libertà
delle donne, anche di essere gestanti per altri, se lo scelgono. In ogni
caso, almeno per me, non è possibile considerare il proibizionismo una
soluzione, neppure in questo caso. Dove c’è un divieto totale c’è la
creazione di mondi paralleli, con un aumento e non una diminuzione di
quello che si vuole evitare, ovvero dolore, sfruttamento, illegalità.
L’unica
strada è guardare con i propri occhi. Occhi di donna, nel mio caso. Se
non tutti i desideri possono aspirare a diventare diritti, vanno in ogni
caso ascoltate e analizzate le domande che vengono da chi cerca di
essere genitore, in modi che non appartengono alla tradizione, ma che
hanno sicure radici nel desiderio umano di avere un futuro. In una gamma
di sentimenti molto ampi, che fanno oscillare per tutti e tutte il
desiderio di essere genitori, padri e madri, tra la massima generosità
al più acuto narcisismo. È questo guardare con i miei occhi che mi ha
spostato, oltre la brutale mercificazione dei corpi delle donne – in
ogni caso non sempre e non dovunque –ora vedo anche relazioni e
sentimenti su cui riflettere.
Vedo, nella Gpa, nelle famiglie
arcobaleno, nelle coppie etero che scelgono questa strada, relazioni tra
persone che forse non creano di per sé diritti da garantire, ma che in
ogni caso non possono essere cancellate. Per questo mi lascia perplessa
il tono netto delle risposte di Stefano Fassina, anche se ne apprezzo
l’aspetto non prudente, non calcolato, che non tiene conto delle
convenienze. Per questo gli chiedo perché si presta al gioco di definire
cosa è di sinistra e cosa non lo è, e lo invito non a cambiare
opinione, ma a discutere. A partire dalle proprie convinzioni. Scoprire
che anche le risposte sicure, la certezza delle identità, come la
contrapposizione tra individuale e collettivo fanno parte di un
Novecento ormai passato potrebbe essere un’occasione, per tutta la
sinistra.