il manifesto 4.3.16
«Pronti per un governo con Podemos e socialisti»
La candidata indipendente di Izquierda Unida Sol Sanchez
intervista i Luca Tancredi Barone
Sol
Sánchez (nella foto in alto) è la seconda persona nel nuovo Congresso
dei deputati che può sfoggiare la sigla Izquierda Unida-Unidad Popular.
Indipendente che ha un passato di attivista di Attac, è alla prima
esperienza politica. «No, non mi sono ancora pentita», dice ridendo
quando le chiediamo se questo primo mese parlamentare non le abbia fatto
cambiare idea.
Lei e Alberto Gárzon sono finiti nel gruppo misto:
il tentativo di formare un gruppo con Esquerra Republicana de Catalunya
per ottenere i rimborsi elettorali è naufragato per colpa del Partito
popolare e di Ciudadanos, che hanno respinto l’istanza; la soluzione di
formare gruppo con i 4 deputati di Compromís, la “confluenza” valenziana
di Podemos, è naufragata per lo stop di Podemos. Così Izquierda Unida,
con un milione di voti alle spalle, per la prima volta dal 1986 non ha
gruppo, non ha visibilità e non ha rimborsi spese.
La prima domanda è d’obbligo. Come vede la situazione? Ci sarà un governo?
Complicata,
confusa, ma non impossibile. L’atteggiamento del Psoe è sorprendente — o
forse non così tanto — e ha reso le cose più difficili col suo patto
con Ciudadanos. Continuo a trovare contradditorio preferire un patto che
garantisce 130 seggi a uno che parte da 161. Di certo, il programma
economico e quello sociale firmato con Ciudadanos è contrario al nostro.
Ma non per questo smetteremo di provare a trovare un accordo.
Secondo lei perché il Psoe ha scelto questa strategia?
La
verità è che non l’ho capito neppure io. Prendiamo per buone le parole
dei socialisti che dicono di volere un governo. Devo ammettere che il
dibattito di mercoledì sembrava più un dibattito di campagna elettorale
che uno di investitura. Ma una cosa è certa: questa legislatura è nuova
nel senso della volatilità e della rapidità con cui cambiano le cose. I
fatti modificheranno le strategie di tutti. Noi continuiamo a pensare
che, anche dopo la bocciatura di domani, siamo ancora in tempo. Lunedì
siamo pronti a sederci di nuovo intorno al tavolo a quattro. Magari uno
per uno non ci riusciamo, ma tutti e tre possiamo trascinare il Psoe a
trattare con la sinistra.
Facciamo fantapolitica. Un qualche tipo
di governo si forma. In sole due persone come vi organizzerete per
seguire i lavori parlamentari? Contate con gli altri tre deputati di
Izquierda Unida nelle confluenze di Podemos in Catalogna e Galizia?
Già
oggi è molto complicato. Alcuni commissioni legislative si sono già
formate, e ciascuno di noi si sta facendo carico di varie commissioni.
Come Izquierda Unida siamo solo noi due, ma è chiaro che c’è già
sintonia con le forze di sinistra per lavorare assieme su molti temi.
Sempre
nello scenario della fantapolitica, avete promesso di consultare le
basi su un eventuale appoggio a Sánchez. Come lo farete?
Ovviamente,
prima ci deve essere una proposta di accordo da sottoporre ai
militanti. Lo faremo come abbiamo fatto finora: chiedendo di votare a
iscritti e simpatizzanti.
Rimaniamo nello scenario di una
legislatura che non si chiuda fra due mesi. Quali sono le misure chiave
che vorreste portare a casa prima della fine?
Misure per
contrastare l’emergenza sociale. Reddito minimo e garanzia di forniture
minime di energia per tutti. Stop agli sfratti, e affrontare le
conseguenze sociali degli sfratti di questi anni. De-criminalizzare le
proteste sociali, bloccando la legge bavaglio e la riforma del codice
penale del Pp. La riforma della legge elettorale: abbiamo 4 modelli in
mente per garantire maggiore proporzionalità. A livello europeo, fermare
il trattato di libero commercio e introdurre una tassa Tobin sulle
transizioni finanziarie. Infine, approfittare del fatto di aver
nazionalizzato Bankia per trasformarla in una vera e propria banca
pubblica, essenziale per portare avanti politiche sociali.
Se invece si torna a votare, riprovereste ad allearvi con Podemos nonostante come vi hanno trattato?
Dal
rispetto verso qualsiasi identità, noi continuiamo a credere in un
progetto di sinistra. Quello che è successo prima e dopo le elezioni è
stato doloroso e costoso, ma questo non è il parametro decisivo. Il
nostro punto di riferimento è la maggioranza sociale del paese, per
questo dobbiamo essere capaci di costruire uno spazio comune.