La Stampa TuttoScienze 9.3.16
“Dopo le onde gravitazionali la nuova scommessa è il gravitone”
Un ponte tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo
di Enrico Martinet
Il
sogno impossibile di Albert Einstein inquieta i fisici del XXI secolo:
trovare il «ponte» tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo.
E, forse, oggi, quella possibilità così chimerica intravede una strada
sulla quale incamminarsi: è segnata da una particella, ancora teorica,
che sarebbe di massa pari allo zero. Si tratta del gravitone.
Possibilità
che proprio la più straordinaria delle ultime scoperte rende più
vicina: è l’onda gravitazionale che il 14 settembre scorso ha investito
gli interferometri negli Usa e ha fatto annunciare, l’11 febbraio
scorso, ancora una volta all’unisono: «Einstein aveva ragione». Lunedì
scorso, nella valdostana La Thuile, durante la 30ma edizione dei
«Rencontres de Physique», la scoperta è stata spiegata da Frédérique
Marion: la studiosa francese lavora nei laboratori di Annecy del Cnrs,
in Savoia, e fa parte del team di «Virgo», l’esperimento italo-francese
che collabora con quello statunitense «Ligo» nella caccia alla onde
gravitazionali.
Se la Relatività generale ha avuto un’ennesima
conferma, adesso una nuova sfida è rappresentata proprio dal gravitone:
per il campo gravitazionale rappresenta l’equivalente del fotone per
quello elettromagnetico. «Non esiste ancora una teoria soddisfacente in
grado di sposare la Relatività con la meccanica quantistica e, infatti,
il gravitone non lo si conosce. Se avesse massa, cambierebbero sia la
propagazione sia la proporzione dell’onda gravitazionale. È quindi
ipotizzabile che non ne abbia, come il fotone, che sia cioè un
“granello” di energia».
Il fotone, teorizzato da Einstein e
Planck, fa parte della realtà, il gravitone solo per analogia. «Ora
dobbiamo testare meglio la gravità che si propaga alla velocità della
luce e, quindi, spingere oltre le nostre conoscenze. Intanto siamo di
fronte all’inizio di un’astronomia nuova, basata su un nuovo messaggero,
l’onda gravitazionale, appunto - sottolinea Marion -. Significa prima
di tutto ricercarne le fonti, che corrispondono ai fenomeni più violenti
dell’Universo, dall’esplosione di corpi celesti alla fusione di due
buchi neri, come quella che ha prodotto la scoperta dello scorso 14
settembre».
I buchi neri, ora, sono una scoperta nella scoperta.
C’è finalmente la prova che esistono e non sono solo un’ipotesi da
cosmologi. «L’evoluzione del segnale dipende dalla massa degli oggetti:
noi eravamo di fronte a due masse enormi, che si sono avvicinate fino
alla collisione. A un miliardo di anni luce, distanza notevole, ma non
certo alla periferia dell’Universo, due corpi 70 volte più “pesanti” del
Sole giravano su se stessi 75 volte al secondo. Solo dei buchi neri
possono sviluppare tanta energia».
Quelle «trottole» hanno
generato un’energia pari a tre volte la massa del Sole. «Se fosse
possibile tradurla in luce, sarebbe un lampo più brillante della luce
dell’intero Universo». Ora il «temporale» è passato, ma si sta andando a
caccia di altre fonti: dalle pulsar alle stelle ai neutroni, fino alla
drammatica esplosione di una supernova.