La Stampa TuttoLibri 6.3.16
Quei cattivi ragazzi di Berlino messi al rogo dai nazisti
Otto
adolescenti sbandati si arrangiano con crimini e prostituzione: il
libro scandaloso uscì nel ’32: fu poi proibito da Hitler e scomparve
di Luigi Forte
Che città è mai questa, si chiedeva Alfred Döblin nel suo epocale romanzo
Berlin Alexanderplatz
del
1929, il cui protagonista, Franz Biberkopf, uscito dal carcere di
Moabit vorrebbe rigar dritto, ma proprio non ce la fa. Quel povero
diavolo finisce per lasciarsi invischiare in un giro malavitoso, viene
di nuovo arrestato e internato nel manicomio criminale. Alla fine però
la vita non lo abbandonerà. La parabola di Franz si legge come il diario
della città e delle sue convulsioni, rispecchia le défaillance di
un’epoca. E che dire allora dei tanti Ludwig, Erwin, Walter o Heinz,
giovani fra i 16 e i 18 anni, senza difese né garanzie, che popolano il
singolare romanzo del berlinese Ernst Haffner,
Fratelli di sangue
?
Fanno parte di una gang di sbandati, che sbarcano il lunario con furti e
scippi, dormono dove capita, mangiano alle mense popolari e per
sopravvivere talvolta non esitano a prostituirsi. Con loro la vita non è
stata generosa: sono fuggiti di casa o dal riformatorio in nome di una
libertà che li schiaccia, accomunati da un destino crudele che è il loro
unico, fraterno legame. Non conoscono la parola futuro, vivono alla
giornata passando da una bettola all’altra fra papponi, puttane e
delinquenti, e la cronaca della loro sopravvivenza s’intreccia a quella
di Berlino, nel primo dopoguerra, con migliaia di affamati: scenario di
un agonizzante paese irretito dalla violenza, in un carosello
inarrestabile di eventi drammatici.
Ernst Haffner forse aveva in
mente le pagine di Döblin, quando scrisse il suo incalzante romanzo
pubblicato nel 1932 con il titolo Giovinezza sulla Landstrasse di
Berlino dal famoso editore ebreo Bruno Cassirer, che era stato anche
gallerista e mercante d’arte. L’anno dopo il libro fu distrutto dai
nazisti nei famigerati roghi sulla Piazza dell’Opera e dell’ autore, che
era stato giornalista e assistente sociale, si persero le tracce. Solo
tempo fa, dopo il casuale ritrovamento di una copia, fu ristampato in
Germania con un nuovo titolo ed ora l’ editore Fazi ne offre una
scorrevole traduzione a cura di Madeira Giacci.
Haffner non fu in
grado di esaltare la forza dell’utopia in mezzo alla barbarie, come fece
il collega Erich Kästner nel suo famoso libro per ragazzi del 1928
Emilio e i detective, dove una banda di ragazzini è a caccia di un ladro
e se la cava alla perfezione consegnandolo alla polizia. Non erano
esistenze alla deriva, ma piccoli entusiasti che vivono l’inseguimento
come la più esaltante delle avventure. Quel gruppetto che dà lezione
agli adulti prefigura un organismo sociale orientato verso la convivenza
civile e democratica con una buona dose di fiducia che nel mondo di
Haffner non è di casa. La sua è piuttosto una topografia della
disperazione che passa attraverso il Scheunenviertel, il quartiere
ebraico con la famigerata Grenadierstrasse, «strada di affari segreti e
oscuri», si allunga verso Alexanderplatz e zone più popolari, da
Neukölln a Wedding, e talvolta, come sconfinando in un paese straniero,
va a curiosare nella ricca Berlino occidentale, verso il
Kurfürsten-damm, dove signore impellicciate portano a spasso cagnolini
che calzano stivaletti laccati.
Nella sua epica dei bassifondi
Haffner ha creato un mito negativo intorno alla figura di Jonny, il
maturo capobanda attento a ogni esigenza degli otto ragazzi stretti
intorno a lui: meglio di un padre e con più affetto di un fratello.
Procura documenti falsi a Ludwig ricercato dalla polizia, distribuisce
fra tutti il denaro che racimola con vari espedienti, accoglie nuovi
membri come Willi fuggito dall’orfanotrofio di un’ altra città. Anche
lui diventa un piccolo eroe viaggiando di notte da Colonia a Berlino
disteso sull’asse delle ruote del treno. Ma il ritorno nella capitale è
scoraggiante: niente lavoro, poco cibo. Dovrà rubare e vendere la
propria giacca a vento in una gelida città dove anche l’amo-re è fonte
di malattie più che di piacere.
Girando fra locali di infimo
ordine come il Mexico, il Cafè Coltellata o il bar Balena di fronte al
luna park, a spasso fra ospizi di fortuna attraverso periferie,
quartieri malfamati e angoli chic, il lettore vede sfilare una metropoli
inospitale e impietosa, che nulla però lascia trapelare del gran
frastuono politico dell’epoca. Haffner non scrive un romanzo politico,
ma si concentra con vivacissimo realismo sull’umana miseria. I fatti
parlano da sé e denunciano la totale insensibilità della società e delle
istituzioni. Ma in quella gang, che la polizia nel frattempo ha
sgominato, c’è chi scopre una speranza: Willi e Ludwig, contrari a
scippare la povera gente dei mercati, si danno al commercio di scarpe
usate. Forse loro due, fra migliaia, ce la faranno a Berlino, dove «da
soli si è spacciati». E’ una speranza, una piccola, baluginante luce, in
un paese che di lì a poco sarebbe sprofondato nel buio assoluto.