La Stampa 6.3
Renzi teme il flop e chiama ai seggi
La minoranza spera
A Roma favorito Giachetti, a Napoli incognita Bassolino
di Carlo Bertini
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Sono
gli immigrati e i ragazzi dai 16 ai 18 anni, che potranno votare oggi
presso i sedici seggi speciali delle primarie Pd a Roma dove si sono
preregistrati
Con un sospiro da vigilia di esame gli
uomini del premier fanno i conti: a Napoli la partita che si gioca sulle
primarie è sul rischio di rottamazione incompiuta, quella di Roma è su
quanto Renzi riesce a sfondare in un terreno non suo con tutta la
sinistra contro, giocandosi la carta di un candidato con maggiore
freschezza e maggior tasso di «grillinità». Una sintesi efficace di cosa
c’è in palio oggi per il leader-segretario, preoccupato innanzitutto da
un fattore: l’affluenza ai gazebo nel cosiddetto «big sunday» del Pd,
con le città chiamate al voto per la scelta dei candidati alle comunali.
Perché dal numero dei votanti si capirà se regge la tesi di un partito
vivo, attrattivo e capace di trainare il suo popolo.
Poi c’è la
guerra tra gli sfidanti, che per Renzi è un tornante delicato. Anche se i
suoi teorizzano che a Roma non c’è la polarizzazione con Morassut che
vi è stata a Milano tra Sala e la Balzani, fatto sta che Roberto
Giachetti, pur con la sua storia politica, è considerato espressione del
premier e una sua sconfitta - non prevista da sostenitori e avversari -
per il segretario sarebbe dura da digerire. Quanto una maggiore
affluenza possa favorire Giachetti e quanto peserà il «voto organizzato»
delle correnti è difficile dire. Ma che il premier tema l’immagine nei
tigì dei gazebo deserti lo si capisce dalla chiamata alle armi fatta in
un passaggio della sua e-news, «vincano i migliori. E domani, domenica 6
marzo, chi vuole vada ai seggi».
A Roma se votano in 40 mila «già
sarebbe un successo», insinuano i bersaniani: ed è indice di quanta
poca fiducia possa esserci in lunghe code, visto che per le primarie
Marino-Gentiloni-Sassoli andarono più di centomila persone. Mentre a
Napoli l’ultima volta furono meno della metà e bisogna vedere quanta
gente trascineranno oggi i vari candidati. In una sfida polarizzata tra
due fronti, quello che appoggia Valeria Valente, molto frammentato, ma
che raggruppa le correnti renziane, dei «giovani turchi» di Orfini e
Orlando (sceso in città accanto alla sua candidata) e i seguaci di
Franceschini. E quello pro-Bassolino altrettanto frammentato, ma con un
candidato considerato ancora forte e con un seguito nella città.
Una
figura che potrebbe regalare alla sinistra Pd che lo appoggia una
rivincita, anche se gli anti-Renzi che tifano Don Antonio fanno notare
quanto la sfida, pur essendo lui partito per primo, sia ardua: «Tutto il
partito, il presidente della regione, il segretario regionale e le
correnti legate al governo stanno con la Valente, se non ce la fa è un
terremoto, una botta micidiale. E non è impossibile», dicono i suoi
sostenitori. Si capisce come intorno a questa giornata si consumi una
bella dose di veleni interni, che vede il suo culmine proprio a Roma,
dove gli uomini del premier prevedono che «il risultato sarà netto»; e i
suoi nemici già teorizzano che se non finirà 70 a 30 per Giachetti sarà
una mezza sconfitta. Ma il veltroniano Morassut è appoggiato ormai da
tutta la minoranza, dalemiani e bersaniani, dunque non è solo. «Con la
candidatura Morassut si può puntare a costruire una coalizione: e non è
ininfluente ai fini del risultato finale poter dialogare con Sel e la
sinistra di Fassina», spiega Nico Stumpo.