domenica 6 marzo 2016

La Stampa 6.3
Padre Sorge
“Basta guerra laici-cattolici”
“Per la Costituzione tutti hanno pari dignità”
“Laici e cattolici, trovate una grammatica etica per dialogare sui valori”
“Intollerabile non tutelare le coppie gay”
di Bruno Quaranta


Chiesa e politica, una antica questione riproposta dal dibattito sulle unioni civili. A chi rivolgersi per avere lumi se non a padre Sorge? A suggerirlo è Francesco, che, in un recente incontro, ha elogiato il confratello: «Lui è un gesuita che ha aperto la strada nel campo della politica».
Padre Sorge, 87 anni, già direttore di «La Civiltà Cattolica», il maggiore esperto di dottrina sociale della Chiesa. Nell’oasi ambrosiana di San Fedele, scruta e interpreta i segni dei tempi. Non dimenticando l’avvertenza di sant’Ignazio: «Si chiama comunemente scrupolo ciò che procede dal nostro proprio giudizio e libertà, allorquando istintivamente immagino che sia peccato ciò che peccato non è». Distinguere sempre...
La vicenda unioni civili è in genere raccontata con le categorie «laici» e «cattolici»...
«La divisione risale a una fase storica che non esiste più. L’epoca delle ideologie, ciascuna ideologia una visione totale della storia, dell’uomo, della società. Si impose allora, comprensibilmente, l’ideologia cristiana».
Una stagione conclusa?
«Ad archiviarla è stato il Concilio. Ma nella mentalità di molti non è tramontata. Ridurre la religione a ideologia è una stortura non ancora debellata».
Chiesa e Stato in Italia secondo gli ultimi pontefici...
«Da Paolo VI, la scelta religiosa, l’addio al collateralismo (se ne riapra l’Octogesima adveniens: spetta ai laici, “senza attendere passivamente consegne o direttive”, agire nella città terrena). A Wojtyła: la Chiesa abbia una funzione sociale. Pensava alla sua Polonia e all’Italia, a ciò che la Chiesa aveva dato ai due Paesi. Riteneva che la Chiesa avesse diritto a un risarcimento. Trainando culturalmente le due nazioni. A Francesco: mai come ora il Tevere è stato così largo».
E ora?
«E’ un periodo di ricerca. Non c’è chi spicchi, scomparso Martini. Martini nel solco di Montini, la scelta religiosa».
Ossia?
«La missione religiosa della Chiesa, madre di tutti (Martini in ogni uomo scorgeva un credente e un non credente). Cancellando le sovrastrutture che da Costantino in poi hanno bacato la Chiesa, trasformandola in uno Stato. Il Papa non successore di un pescatore, ma di un imperatore. Francesco è il ritorno al Vangelo».
Le unioni civili banco di prova...
«Lo Stato è laico. La Costituzione è laica. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Era intollerabile che i diritti personali degli omosessuali che vivono in coppia non fossero tutelati giuridicamente».
Unioni civili e famiglia...
«Altra è l’equiparazione tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali. L’articolo 29 della Costituzione “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”».
Jemolo osservava: uno Stato non può vivere «senza certe convinzioni universalmente accettate».
«Vivere uniti rispettandosi diversi. È la sfida del ventunesimo secolo. Una società non sta in piedi se non ha un fondamento etico. Che non può prescindere, come affermava il non credente Croce, da una dimensione trascendente, la religione essenza di qualsiasi umanesimo».
Un nuovo umanesimo: quali i suoi valori universali?
«La risposta la diede Giovanni Paolo II all’Onu. Una “grammatica etica” con tre architravi: la dignità della persona umana, la solidarietà (la democrazia ne è l’espressione più alta), la sussidiarietà (valorizzando l’apporto che ciascuno può dare senza che il superiore si sostituisca all’inferiore)».
Lei ha diretto l’Istituto di formazione politica «Pedro Arrupe» di Palermo...
«Il politico, figura tanto necessaria quanto rara. Sintesi tra idealità e professionalità. Non è sufficiente essere santi (allora si preghi), non è sufficiente essere professionisti (allora si coltivi la professione)».
Tra i politici, lei ha prediletto il cattolico democratico Moro.
«Di lui ammirando la rettitudine politica e il coraggio di intraprendere strade nuove. Avendo capito la crisi della democrazia rappresentativa, avanzando la democrazia partecipativa. La sua corrente non superava nella Dc il 6-7 per cento, ma dava l’idea all’intero partito. Una certa Italia è scomparsa, tra via Fani e via Caetani».