La Stampa 6.3
Padre Sorge
“Basta guerra laici-cattolici”
“Per la Costituzione tutti hanno pari dignità”
“Laici e cattolici, trovate una grammatica etica per dialogare sui valori”
“Intollerabile non tutelare le coppie gay”
di Bruno Quaranta
Chiesa
e politica, una antica questione riproposta dal dibattito sulle unioni
civili. A chi rivolgersi per avere lumi se non a padre Sorge? A
suggerirlo è Francesco, che, in un recente incontro, ha elogiato il
confratello: «Lui è un gesuita che ha aperto la strada nel campo della
politica».
Padre Sorge, 87 anni, già direttore di «La Civiltà
Cattolica», il maggiore esperto di dottrina sociale della Chiesa.
Nell’oasi ambrosiana di San Fedele, scruta e interpreta i segni dei
tempi. Non dimenticando l’avvertenza di sant’Ignazio: «Si chiama
comunemente scrupolo ciò che procede dal nostro proprio giudizio e
libertà, allorquando istintivamente immagino che sia peccato ciò che
peccato non è». Distinguere sempre...
La vicenda unioni civili è in genere raccontata con le categorie «laici» e «cattolici»...
«La
divisione risale a una fase storica che non esiste più. L’epoca delle
ideologie, ciascuna ideologia una visione totale della storia,
dell’uomo, della società. Si impose allora, comprensibilmente,
l’ideologia cristiana».
Una stagione conclusa?
«Ad
archiviarla è stato il Concilio. Ma nella mentalità di molti non è
tramontata. Ridurre la religione a ideologia è una stortura non ancora
debellata».
Chiesa e Stato in Italia secondo gli ultimi pontefici...
«Da
Paolo VI, la scelta religiosa, l’addio al collateralismo (se ne riapra
l’Octogesima adveniens: spetta ai laici, “senza attendere passivamente
consegne o direttive”, agire nella città terrena). A Wojtyła: la Chiesa
abbia una funzione sociale. Pensava alla sua Polonia e all’Italia, a ciò
che la Chiesa aveva dato ai due Paesi. Riteneva che la Chiesa avesse
diritto a un risarcimento. Trainando culturalmente le due nazioni. A
Francesco: mai come ora il Tevere è stato così largo».
E ora?
«E’ un periodo di ricerca. Non c’è chi spicchi, scomparso Martini. Martini nel solco di Montini, la scelta religiosa».
Ossia?
«La
missione religiosa della Chiesa, madre di tutti (Martini in ogni uomo
scorgeva un credente e un non credente). Cancellando le sovrastrutture
che da Costantino in poi hanno bacato la Chiesa, trasformandola in uno
Stato. Il Papa non successore di un pescatore, ma di un imperatore.
Francesco è il ritorno al Vangelo».
Le unioni civili banco di prova...
«Lo
Stato è laico. La Costituzione è laica. Tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Era intollerabile che i
diritti personali degli omosessuali che vivono in coppia non fossero
tutelati giuridicamente».
Unioni civili e famiglia...
«Altra
è l’equiparazione tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali.
L’articolo 29 della Costituzione “riconosce i diritti della famiglia
come società naturale fondata sul matrimonio”».
Jemolo osservava: uno Stato non può vivere «senza certe convinzioni universalmente accettate».
«Vivere
uniti rispettandosi diversi. È la sfida del ventunesimo secolo. Una
società non sta in piedi se non ha un fondamento etico. Che non può
prescindere, come affermava il non credente Croce, da una dimensione
trascendente, la religione essenza di qualsiasi umanesimo».
Un nuovo umanesimo: quali i suoi valori universali?
«La
risposta la diede Giovanni Paolo II all’Onu. Una “grammatica etica” con
tre architravi: la dignità della persona umana, la solidarietà (la
democrazia ne è l’espressione più alta), la sussidiarietà (valorizzando
l’apporto che ciascuno può dare senza che il superiore si sostituisca
all’inferiore)».
Lei ha diretto l’Istituto di formazione politica «Pedro Arrupe» di Palermo...
«Il
politico, figura tanto necessaria quanto rara. Sintesi tra idealità e
professionalità. Non è sufficiente essere santi (allora si preghi), non è
sufficiente essere professionisti (allora si coltivi la professione)».
Tra i politici, lei ha prediletto il cattolico democratico Moro.
«Di
lui ammirando la rettitudine politica e il coraggio di intraprendere
strade nuove. Avendo capito la crisi della democrazia rappresentativa,
avanzando la democrazia partecipativa. La sua corrente non superava
nella Dc il 6-7 per cento, ma dava l’idea all’intero partito. Una certa
Italia è scomparsa, tra via Fani e via Caetani».