La Stampa 5.3.16
Giachetti nelle periferie per far dimenticare il Pd
Il candidato alle primarie contestato: “Siete quelli di mafia capitale”
di Giuseppe Alberto Falci
«Giachetti,
i politici come lei hanno rubato tutto. Non è possibile venire qui per
una passerella». Alle quattro di pomeriggio a Tor Sapienza al complesso
Ater di viale Morandi, periferia abbandonata di Roma est, Irene, leader
del movimento per il diritto all’abitare, non le manda a dire al
candidato delle primarie del Pd Roberto Giachetti. Qui si trovano più
500 abitazioni. Decine di extracomunitari che hanno occupato alcuni
locali all’interno dell’agglomerato. «Una volta c’erano farmacie,
negozi. Adesso ci sono soltanto disperati», spiega un assessore del VII
municipio.
In questo mese Giachetti ha macinato più di duemila
chilometri, attraversando la Capitale in lungo e in largo. E ha
riservato per il penultimo giorno di campagna elettorale delle primarie
questo angolo dimenticato di Roma. Qui il problema sembra essere il
famigerato articolo 5 del «Piano casa», una norma che regola gli
sfratti. Omero, sulla cinquantina, se la prende con il candidato dem:
«Siete tutti uguali, è venuto Orfini promettendo di risolvere la
questione ma poi non si è fatto più vivo». Giachetti non si scompone.
Anzi, risponde per le rime ai manifestanti: «Io non c’entro nulla. Non
ho rubato. Non sono stato né con la giunta di Marino né con quella di
Veltroni. Non pensate che sia venuto a fare passerella o a chiedere
voti». Nonostante la pazienza di Giachetti, accompagnato dalla fedele
Benedetta che gli detta i tempi («putroppo Roberto dobbiamo andare»), il
grande accusato fra questi palazzoni è il partito democratico.
L’ombra di mafia capitale
Irene
è una furia: «Lei sta con il Pd, lo stesso partito di Ozzimo, lo stesso
partito di mafia capitale». L’aria non cambia nemmeno a Piazza De
Cupis. Davanti alla scuola elementare Gesmundo l’ex radicale incontra il
presidente dei commercianti, Mario Marchetti. La piazza è blindata da
quattro camionette della polizia. Si teme una protesta da parte dei neri
di Casapound. «Da minuto all’altro arriveranno e si scaglieranno contro
Giachetti», annuncia Alberto, un pensionato seduto al Bar Valeri.
Alberto non voterà mai per Giachetti perché «il Pd non è un partito di
sinistra. L’unico che vedo di sinistra è Paolo Ferrero». Forte invece è
il vento che gonfia le vele ai Cinquestelle. «Dopo un anno di
disoccupazione a 250 euro al mese adesso lavoro per una ditta di
pulizie. Ma questa volta non mi fregheranno. Ormai ho deciso: voterò i
grillini», annuncia Pino. Brucia anche l’allarme sicurezza. Per il
presidente dei commercianti Mario Marchetti è il problema numero uno:
«Abbiamo un campo rom fra i più caldi di Roma. Inoltre, ci sarebbero
tante abitazioni che rischiano di essere occupate. Ci sentiamo
abbandonati». Questo quartiere sembra essere il manifesto dello
scontento delle periferie. Un anno fu l’epicentro degli scontri fra
residenti e migranti. Dovettero intervenire le forze dell’ordine.
Giachetti però non si arrende. Non ha promesso denaro ma «competenze»
per far diventare i municipi «veri e propri comuni». Basterà a placare
questa rabbia?
L’appello ai cittadini
Nella lunga giornata
il vice presidente della Camera non trascura nulla. Fa visita a un
centro per anziani in viale Lepetit. L’accoglienza almeno stavolta è
calorosa. Una signora l’invita a fare un match a burraco. «La ringrazio,
ma non so giocare», risponde sorridendo. Giachetti ha fretta di andare,
il pomeriggio di campagna elettorale è ancora lungo, ma la presidente
del Circolo lo invita a dire due parole: «Qui la gente vuole sentire la
sua voce, non la conoscono». Il candidato obbedisce, quasi incredulo.
C’è ancora qualcuno che ha voglia di ascoltare un politico da queste
parti. Prende il microfono e in poche parole spiega quale sia il suo
programma: «Sono qui per ringraziarvi. Voglio dirvi semplicemente che
sto raccogliendo tante idee per far ripartire Roma. Allo stesso tempo
non ho alcune intenzione di fare promesse a vanvera. Non accadrà più
quello che è successo negli anni passati. Però, vi dico anche che non
bastano il miglior sindaco e la migliore squadra di assessori. Ogni
cittadinodeve contribuire».
Pietro, un anziano seduto in un tavolo
di burraco, dice all’amico: «È una brava persona, ma non lo voterò
perché è del Pd». In fondo è questa la difficoltà di «Bobo». Vincere
anzitutto contro la cattiva fama del suo partito.