La Stampa 3.3.16
I faraoni e Canaan: l’altra storia in mostra a Gerusalemme
Non solo contrapposizioni, ma sintesi e reciproche influenze
La stele dedicata alla dea Qadesh (1300 a. C.), dall’Egizio di Torino
di Lea Luzzati
Nella
Bibbia l’Egitto è una meta ambigua, un po’ come il suo nome - Mitzraim -
che in ebraico porta una desinenza duale. Luogo della schiavitù per
antonomasia da cui uscire guidati dalla mano del Signore per trovare la
libertà, ma ancor prima se stessi, l’Egitto è anche terra generosa dove
non mancano mai le pentole piene di carne. Ed è soprattutto una
destinazione ricorrente in un via vai storico e mentale che attraversa
secoli di storia ebraica e non solo. Oggigiorno, ad esempio, la stele
dello scriba Ramose dedicata alla dea Qadesh (circa 1300 a.C.) è partita
dal Museo Egizio di Torino per approdare al Museo d’Israele a
Gerusalemme. Sarà uno dei pezzi più importanti di una grande mostra che
guarda all’Egitto antico in una prospettiva decisamente nuova.
«Faraone
e Canaan: la storia non detta» è il titolo di questa esposizione che
racconta l’epoca del dominio egiziano in terra di Canaan: in altre
parole, la Terra Promessa, quella cui approdano le tribù d’Israele dopo
l’Esodo e quarant’anni di vagabondaggi nel deserto. Egitto a Canaan per
la prima volta non sono qui contrapposte in un’antitesi esistenziale
prima ancora che storica – schiavitù/libertà, autonomia/tirannide
straniera. Anzi: i reperti dell’archeologia e le (rare) testimonianze
scritte parlano di una sintesi, di reciproche influenze. Di una
convivenza che si manifesta nell’arte funeraria, nei volti scolpiti che
ci arrivano da quel tempo lontano e che parlano di una sorta di inattesa
koiné tra una sponda e l’altra di quel Mare dei Giunchi (cioè il Mar
Rosso) che miracolosamente si aprì per gli ebrei in fuga dall’Egitto.
La
rassegna al Museo d’Israele che, come spiega il direttore del Museo
James Snyder, «svela una estetica sorprendente, straordinarie affinità
culturali tra i due Paesi», ci dice in fondo che quelle due sponde del
mare a cui il Signore ordinò di aprirsi e farsi asciutto per i figli
d’Israele sono state il tracciato di un ponte oltre che un confine
drastico. Una lezione quanto mai utile in questo presente che sta
trasformando il Mare Nostrum e ciò che gli sta intorno in un teatro di
assurdi conflitti.