La Stampa 31.3.16
Il piano di D’Alema per il congresso: candidare il “marziano” contro Renzi
L’ex premier prova a convincere i bersaniani a mollare Speranza
di Francesco Bei
«Marino
è un mio collaboratore che si è preso la libertà di candidarsi alla
segreteria del Pd, naturalmente io l’ho sconsigliato perché non mi pare
abbia la preparazione professionale per affrontare questa sfida».
Correva l’anno 2009 e a «sconsigliare» pubblicamente a Marino la corsa a
segretario contro Bersani e Franceschini era Massimo D’Alema, che aveva
preso il chirurgo sotto la sua ala protettiva alla Fondazione
Italianieuropei. Molta acqua è passata sotto i ponti e sei anni dopo
quella constatazione d’incompetenza «professionale», D’Alema sembra ci
abbia ripensato. Tanto da aver offerto proprio a Marino la chance di
vendicarsi contro Renzi presentandosi come il campione della minoranza
dem al prossimo congresso. Ma andiamo con ordine.
Il colloquio tra
l’ex presidente del Consiglio e l’ex sindaco di Roma risalirebbe a
prima di Pasqua, dopo la rinuncia ufficiale a candidarsi di Massimo Bray
(anche lui della scuola Italianieuropei), prima scelta di D’Alema. La
proposta sarebbe stata articolata in due tappe. La prima prevede,
appunto, la discesa in campo di Marino a Roma contro Roberto Giachetti.
Per drenare voti dal bacino di centrosinistra e provare a superare il
candidato renziano. Un sogno? I sondaggi in questi ultimissimi giorni
danno Giachetti in leggero sorpasso rispetto alla grillina Raggi, ma
Marino ha appena iniziato il suo bombardamento contro la casa madre. Ed è
convinto di potersela giocare davvero. O quantomeno di poter fare molto
male al Pd. «Del governo Renzi io penso tutto il male possibile - ha
dichiarato ieri - perché quelli che come me hanno votato nel 2013
volevano un governo di centrosinistra. Non volevano cacciare Veltroni o
D’Alema per avere Verdini». Un riferimento non casuale, quello alla
rottamazione dei due padri nobili del Pd, che suona come un messaggio
chiaro ai nostalgici del vecchio partito e dell’Ulivo.
I fuochi
d’artificio di ieri sarebbero insomma soltanto l’antipasto di una
campagna di duro martellamento contro il suo ex partito, reo di avergli
voltato le spalle a tradimento. I renziani lo temono, prova ne sia il
tentativo di silenziare le accuse formulate ieri davanti alla stampa
estera e poi in diverse ospitate nei salotti tv. Se lo scopo di Marino è
quello di arrivare al ballottaggio a Roma, D’Alema pensa ancora più in
grande. E si arriva così al secondo stadio del missile puntato contro
Renzi.
L’idea del leader Maximo (legatissimo all’ex sindaco anche
per un aiuto medico importante ricevuto a favore di un familiare)
sarebbe infatti quella di sfruttare il bottino elettorale di Marino a
Roma come trampolino di lancio per una sua candidatura nazionale al
Congresso del Pd. Per farne insomma lo sfidante ufficiale al
segretario-premier nel dicembre del prossimo anno.
Il presidente
di Italianieuropei ritiene infatti quella di Roberto Speranza una
candidatura troppo debole. E avrebbe provato a convincere anche
Pierluigi Bersani a convergere con le sue truppe sul chirurgo genovese.
Lo spauracchio che agita per indurre la minoranza a mollare Speranza è
quello di Michele Emiliano. Il carismatico governatore della Puglia che
appare lanciatissimo, deciso a sfruttare la campagna per il referendum
contro le trivelle per puntellare la sua corsa alla segreteria
nazionale. E se le primarie fossero una sfida a tre - Renzi, Speranza,
Emiliano - a fare la fine del vaso di coccio potrebbe essere proprio il
giovane ex capogruppo. I bersaniani tuttavia non hanno abboccato.
«D’Alema la volta scorsa ci ha imposto Cuperlo – ragiona uno di loro – e
ci ha mandato a sbattere contro un muro. Nessuno di noi è disposto a
fare il kamikaze per lui».
Anche Marino, del resto, non ha ancora
sciolto la sua riserva riguardo a Roma. La moglie dell’ex sindaco è
contrarissima a una sua discesa in campo. L’ex sindaco attende poi,
prima di decidere, una presa di posizione pubblica del Pontefice. Che
gli avrebbe promesso di chiarire una volta per tutte l’incidente di
Filadelfia e quel glaciale «non l’ho invitato io» che simbolicamente fu
l’inizio della fine per il marziano di Roma.