Corriere 31.3.16
«Fosse per loro sarei in cella» Marino durissimo su Pd e Renzi
La replica: parole deliranti
Per l’ex sindaco due incarichi accademici, a Los Angeles e a Filadelfia
di Ernesto Menicucci
ROMA
Rivelazioni, attacchi, mezze verità e molte omissioni. Tutto il
repertorio di Ignazio Marino, in quasi un’ora di presentazione — alla
Stampa estera — del suo libro «Un marziano a Roma» che esce oggi in
libreria. Un’opera — della quale il Corriere ha già anticipato il
contenuto — che era stata annunciata come uno choc anafilattico per il
Pd e la politica della Capitale e che si rivela, più che altro, un
cumulo di accuse, in alcuni casi con una buona dose di livore, allo
stato generale del Pd: da Matteo Renzi a Matteo Orfini, da Lorenzo
Guerini a Nicola Zingaretti, da Marco Causi a Stefano Esposito.
Premier,
deputati, senatori, suoi ex assessori in giunta, tutti accomunati dallo
stesso destino: «Se avessi seguito i loro consigli, a quest’ora sarei
in cella d’isolamento», dice Marino.
Le reazioni, naturalmente,
non tardano di molto. C’è chi, come Orfini, è sprezzante: «Non
recensisco i romanzi fantasy» . Marino lo contraccambia parlando con
Maria Latella, a Sky Tg24: «Mi ricorda quella bellissima canzone di
Elton John, Empty Garden , quando canta che un insetto da solo può
rovinare un intero campo di grano».
Lorenzo Guerini, citato nel
libro come colui che avrebbe sponsorizzato la nomina di Mirko Coratti
(poi arrestato per Mafia Capitale) a vicesindaco, reagisce con più
veemenza: «Non sono mai intervenuto. E quando smentii, Marino mi disse
che facevo bene e mi ringraziava per il mio sostegno». Durissimo il
commento di Ernesto Carbone, super-renziano della segreteria Pd: «Marino
è delirante. Il suo è un meschino addio».
Ma è davvero un addio?
Alla domanda chiave, formulata e riformulata dai cronisti in sala
stampa, l’ex sindaco non risponde ma svicola: «Sono qui per parlare del
libro». Ma allora chi voterebbe degli altri candidati? «Ma perché, avete
visto i loro programmi?». Neppure Giachetti? E qui, volontario oppure
no, all’ex sindaco scappa il lapsus : «Riccardo Giachetti...». Roberto,
lo correggono: «Ah, scusate. Non lo conosco così bene».
Che Marino
si candidi, per ora, è un’ipotesi tutta ancora da verificare. Per il
momento, il «professore», ha preso due incarichi accademici: uno
all’Università della California di Los Angeles («per sei mesi», racconta
in esclusiva a Corriere.it ), l’altro («per un ciclo di lezioni») alla
Temple University di Filadelfia, la stessa dove si recò a settembre per
una lecture , quando diede ad intendere che volava in Pennsylvania su
invito della Santa Sede. Episodio che gli costò il celebre «non l’ho
invitato io, è chiaro?» pronunciato da papa Bergoglio. Marino, in
America, insegna «chirurgia, del fegato e dei trapianti» e a 63 anni
(oggi ne ha 61) percepirà il vitalizio da senatore. Gli basterà? Chissà.
Certo
di sassolini da togliersi ne aveva molti. Bersaglio principale, manco a
dirlo, il premier Matteo Renzi: «Io sono contro le lobby lui ci va a
cena. Commissariare un sindaco eletto, mentre lui non lo è, è una grave
lesione della democrazia». È lui, per Ignazio, «il mandante dei 19
accoltellatori» che lo fecero cadere. E nel libro, più volte, racconta
di come «il problema fossi diventato io», delle pressioni per espatriare
in America ricevute, a suo dire, da Causi (che smentisce: «un falso») e
da Orfini, degli interessi sul fare il villaggio olimpico a Tor Vergata
da parte del presidente del Coni Giovanni Malagò (che lui, nel libro,
chiama «Megalò»), del silenzio di Nicola Zingaretti sui trasporti («non
mi chiamò più»), dell’errore di «accettare assessori guastatori» e di
«non controllare le liste che il Pd fece nel 2013».
Un partito del
quale, dice Marino, «ho la tessera del 2015, ma siamo nel ‘16» e che
secondo lui «non esiste più». E si torna da capo. Si candida? «Deciderò
al momento opportuno». Prima c’è il tour per promuovere il libro.