giovedì 31 marzo 2016

La Stampa 31.3.16
Ora è possibile l’opzione militare
All’Italia il coordinamento del “Liam”
Libia, pronti gli addestratori italiani
Della missione di assistenza prevista dall’Onu fanno parte trenta Paesi
Dovranno addestrare l’esercito. Raid aerei e forze speciali contro l’Isis
di Francesco Grignetti

Con lo sbarco a Tripoli, sia pure nella base navale e non nel palazzo presidenziale, il premier designato al-Sarraj acquista sovranità.
La sua prima mossa è la più prevedibile. Un appello all’orgoglio nazionale: «È giunta l’ora di lavorare insieme con i libici per la Libia». Ciò non toglie che da questa mattina il premier libico abbia la facoltà di chiedere aiuto alla comunità internazionale.
Le prime mosse
La prima delle richieste che Tripoli potrebbe avanzare alla comunità internazionale, è il dispiegamento su territorio libico del «Liam», il Libya International Assistance Mission, prevista dalle Nazioni Unite nell’ambito della missione Unsmil. Il «Liam» – per ora solo virtuale - è infatti una missione di ricostruzione delle capacità statuali; e una delle funzioni cruciali è quella della sicurezza.
Fuori dal gergo diplomatico, significa che circa trenta Paesi (Usa, europei, arabi) sono pronti a inviare propri addestratori per ricostruire le forze armate e di polizia della Libia. Esattamente due settimane fa a Roma, negli uffici di Centocelle, ospiti del Comando operativo interforze della nostra Difesa, i rappresentanti dei 30 Paesi “volenterosi” hanno offerto le loro disponibilità. In quell’occasione ci fu anche un franco colloquio sulla situazione libica e molti si espressero sulla necessità di «fare presto», dichiarando di essere pronti a rispondere immediatamente alle prime richieste di al-Sarraj.
La scelta di Centocelle non è casuale: a coordinare il «Liam» c’è un team di nostri alti ufficiali. Sono il primo embrione di quella missione a leadership italiana di cui tanto s’è parlato. Secondo i piani, il «Liam» ha bisogno di 1 mese per arrivare sul terreno, di 3 mesi per essere operativo, di 6 mesi per attivare le prime forze regolari libiche.
Addestramento e presidio
Nell’ambito del «Liam», poi, ma sempre su richiesta del neonato governo Sarraj, ci potrebbe essere, oltre l’addestramento, anche il presidio di alcune infrastrutture strategiche: s’ipotizzano il palazzo presidenziale, l’aeroporto e alcuni siti petroliferi. Una forma di garanzia per la tenuta di una tregua tra milizie a cui l’Italia e gli Stati Uniti lavorano non da oggi.
L’antiterrorismo
Altro discorso, molto diverso, ma sempre attivabile su richiesta del governo Sarraj, è l’attività antiterrorismo. Quelle «azioni mirate» di cui parla spesso Renzi. Da un piano multilaterale si passerebbe però a un piano bilaterale. Il neonato governo libico, cioè, potrebbe chiedere a governi amici - quello degli Usa, della Francia, della Gran Bretagna, dell’Italia - di aiutarli nel conflitto contro i terroristi del Califfato. E sarebbero i raid condotti dal cielo o con truppe speciali.
Via libera delle risoluzioni
L’ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza, del dicembre scorso, già lo prevede. A rigore, non occorrerebbe un nuovo passaggio per il Palazzo di Vetro, tanto più che un anno fa il Consiglio di Sicurezza definì l’Isis come un’organizzazione terroristica che commette crimini contro l’umanità. Non servirebbe nulla di più per agire contro di loro. La «guerra segreta» contro l’Isis che è in cima all’agenda dell’Amministrazione Obama e dei principali Paesi occidentali, insomma, avrebbe la sua piena legittimità internazionale. Non è escluso, però, vista anche la fragilità del nuovo esecutivo libico, che il Consiglio di Sicurezza venga chiamato a votare un’ulteriore Risoluzione. Da quel momento potrebbero scatenarsi bombardamenti mirati sulle postazioni dell’Isis a Sirte. L’incubo dell’Occidente, infatti, è che il Califfato, in fase di ripiegamento da Siria e Iraq, decida di aprire sul serio un nuovo fronte in Libia.