La Stampa 30.3.16
“Su Giulio torture da nazifascisti”
La 
prima conferenza dei genitori del giovane ricercatore: “Il viso 
riconoscibile solo dal naso” “Se il 5 aprile l’Egitto non fornirà 
elementi credibili, Roma ritiri l’ambasciatore al Cairo”
di Fra. Pra.
Se
 il 5 aprile i funzionari della polizia egiziana non porteranno a Roma 
elementi credibili per le indagini come i tabulati telefonici e i 
verbali originali il governo italiano dovrà dare una risposta forte, 
fino al punto di richiamare il nostro ambasciatore al Cairo. Ad 
affermarlo, sottolineando le parole del presidente della commissione 
diritti umani del Senato Luigi Manconi che ipotizza anche la revisione 
delle relazioni diplomatico-consolari e l’intervento della Farnesina per
 dichiarare l’Egitto «paese non sicuro», sono Paola e Claudio Regeni, i 
genitori del ricercatore friulano scomparso nel centro del Cairo il 25 
gennaio scorso e ritrovato morto il 3 febbraio dopo almeno 7 giorni di 
torture protratte (dato confermato dall’autopsia).
Rompendo un 
lungo e composto silenzio, mamma e papà Regeni parlano ufficialmente 
alla stampa durante la conferenza stampa organizzata dal senatore del Pd
 e Amnesty International per ribadire la loro fiducia nelle istituzioni 
italiane ma anche la loro determinazione a conoscere la verità dopo 
l’ennesimo depistaggio egiziano (la storia dei presunti rapinatori di 
turisti ammazzati al Cairo la settimana scorsa).
Le parole dei 
Regeni cadono come macigni nella affollata sala Nassirya. Il padre, che 
ripete come il figlio non fosse preoccupato e pianificasse la fine del 
periodo di studio egiziano il 22 marzo: «Giulio stava passando un 
periodo molto felice della sua vita, sia dal punto di vista di vista 
personale che del lavoro». E poi la madre: «Giulio aveva uno sguardo 
aperto eppure dopo la morte il suo volto era piccolo piccolo, in 
obitorio a Roma l’ho riconosciuto dalla punta del naso e ci ho visto 
sopra tutto il male del mondo. E’ forse dall’antifascismo che in Italia 
non ci troviamo di fronte alla tortura ma Giulio non era in guerra e non
 lavorava per i servizi, come provano i suoi conti bancari, faceva 
ricerca». L’avvocato Alessandra Ballerini aggiunge che esiste una foto 
di quel volto e che i Regeni avrebbero voluto mostrarla in risposta alle
 menzogne del Cairo ma aspettano confidando (ma non troppo) 
nell’appuntamento del 5 aprile.
Da due mesi il governo egiziano 
suggerisce ipotesi incredibili, l’incidente, l’omosessualità, fantasiose
 storie di 007, la criminalità comune all’ombra di presunta droga 
smentita dagli esami tossicologici. I genitori accusano i colpi ma non 
arretrano: «Quanto è successo a Giulio non è un caso isolato, lo è per 
l’Italia forse. Ma a tanti egiziani succede regolarmente».
Al loro
 fianco il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury ricorda 
l’iniziativa calcistica del 3 aprile e l’invito rivolto alle squadre 
nazionali a scendere in campo con lo striscione «Verità per Giulio» il 
23 e 24 aprile (la Figc sta studiando il proprio appoggio). Ma, 
soprattutto, Noury ricorda il contesto: «Nel 2015 ci sono state in 
Egitto 464 sparizioni forzate e 1676 casi di tortura di cui 500 finiti 
con la morte. Nel 2016 siamo già a 88 persone torturate e 8 vittime».
Giulio
 uno di noi, ripetono gli amici egiziani. E i Regeni sposano le proposte
 di Manconi: «Abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e ma se il 5 
aprile sarà una giornata vuota confidiamo in una risposta molto forte 
del governo italiano». [fra. pa.]
 
