Il Sole 30.3.16
Atene, i costi dei migranti lievitano a 1,8 miliardi
Dalla Ue versati 73,3 milioni sui 267 stanziati per il 2016
Per Tsipras l’emergenza rifugiati si aggiunge all’austerity chiesta dalla troika
di Vittorio Da Rold
Il
contestato accordo sul rimpatrio forzoso dei migranti, sottoscritto
dalla Ue con la Turchia, comincia a funzionare anche se a caro prezzo
per le casse dello Stato greco. C’è stato, da quando è entrata in vigore
l’intesa tra Bruxelles e Ankara, «un netto calo del numero degli
arrivi» in Grecia dalla Turchia, e «questo è incoraggiante». Queste le
parole della portavoce della Commissione Ue, Natasha Bertaud, che ha
anche sottolineato il fatto che «per ora niente suggerisce un aumento
significativo» degli arrivi in Italia dalla Libia.
Secondo le
cifre in possesso di Bruxelles, prima in media gli arrivi in Grecia
erano 2mila al giorno, poi con lo scattare dell’intesa con Ankara,
domenica 20 marzo, sono scesi a 1.667 per ridursi drasticamente a 600 il
21, 260 il 22, addirittura zero il 23, poi 161 il 24, 78 il 25, 73 il
26, infine 232 il 27 e ieri 192. Sono anche stati già effettuati diversi
rimpatri, in totale 147, per i migranti non aventi diritto all’asilo,
principalmente pachistani, poi del Bangladesh, marocchini, algerini, e
anche turchi, probabilmente curdi con passaporto della Mezzaluna,
sicuramente i meno felici di tornare in terra natia.
Naturalmente
l’accordo, contestato da varie Ong e dall’Unhcr, l’Alto commissariato
per i rifugiati delle Nazioni Unite, che non tollerano il fatto che i
centri di accoglienza sulle isole greche siano diventati nei fatti
centri di detenzione, non è ancora entrato in vigore completamente, ma
sembra nel frattempo aver mandato il messaggio che il cancelliere
tedesco, Angela Merkel, voleva arrivasse sulle coste turche: la via
balcanica verso la Germania è chiusa. E ieri circa 300 dei 12mila
migranti di Idomeni, il campo spontaneo situato al confine
greco-macedone, si sono scontrati con la polizia di Atene perché hanno
capito di essere caduti in una trappola nel fango.
Il problema è
che in Grecia ci sono circa 50mila tra migranti e profughi rimasti
intrappolati dal blocco della via balcanica e collocati in tre grandi
aeree del Paese mediterraneo: Idomeni appunto, a Nord di Salonicco, la
regione dell’Attica con i due punti principali del Pireo e Atene, e le
isole greche fronteggianti le coste turche. I costi di questa permanenza
sono letteralmente esplosi per le disastrate casse dell’erario
ellenico, passando dai 600 milioni di spesa aggiuntiva stimati dal
governatore della Banca di Grecia, Yannis Stournaras, a fine dicembre e
per il solo transito sul suolo ellenico, a 1,8 miliardi di euro, cifra
resa nota da Dimitris Mardas, il vice ministro degli Esteri greco.
La
stessa cifra che la troika, che dovrebbe arrivare il 4 aprile, chiede
urgentemente di trovare al governo di Alexis Tsipras tra maggiori tagli
di spesa alle pensioni e aumenti di imposte agli agricoltori e autonomi
(si parla anche di un incremento dell’Iva e dell’imposta della tassa
sulla casa per un 10%) per raggiungere il saldo primario del 3,5% del
Pil nel 2018.
Ma è sul fronte caldo dei migranti che Atene, che
rischia di diventare una grande «Calais europea» secondo un diplomatico
occidentale, è sotto pressione visto che il ricollocamento dei profughi
va molto a rilento per l’opposizione di numerosi Paesi tra cui in primo
piano quelli del gruppo di Visegrad (Polonia, Repubblica ceca,
Slovacchia, Ungheria). Secondo Oxfam International solo tre Paesi,
rispettivamente Canada, Germania e Norvegia, hanno rispettato la loro
quota di profughi siriani per un totale di 67mila persone. Gli altri
hanno preferito elegantemente “scaricare” il problema su Atene, che per
il 2016 ha visto arrivare per il governo e le Ong operanti sul suo
territorio «73,3 milioni di euro dalla Commissione europea con altri
193,7 milioni riservati sempre ad Atene su un totale di 464 milioni
complessivi stanziati per quest’anno alla crisi dei rifugiati», hanno
spiegato fonti delle Commissione. Dal 2015 «la Grecia ha ricevuto 181
milioni di aiuti di emergenza». I fondi di emergenza sono arrivati a 509
milioni di euro già riservati alla Grecia sotto il programma nazionale
2014-2020 di cui 294,5 milioni di euro dall’Amif, l’Asylum Migration and
Integration Fund, e altri 214,7 milioni dall’Isf, l’Internal Secutiry
Fund.
Atene deve gestire due crisi contemporaneamente: far fronte
ai bisogni dei migranti che sono rimasti in Grecia dopo la chiusura
della rotta balcanica da parte della ex Repubblica jugoslava di
Macedonia e le richieste della troika che chiedono un surplus primario
del 3,5% nel 2018. Una manovra a tenaglia da cui il premier Alexis
Tsipras e i suo fragile governo di coalizione con due soli deputati di
margine rischia di rimanere stritolato.