La Stampa 30.3.16
Gli alleati la scaricano
Impeachment più vicino per Dilma Rousseff
di Emiliano Guanella
La
«balena bianca» di centro rompe con il governo e Dilma Rousseff è
sempre più sola davanti all’impeachment. I centristi del Pmdb, da sempre
ago della bilancia della politica brasiliana, hanno deciso ieri per
acclamazione di uscire dall’esecutivo lasciando così la presidente sola
al suo destino. Il partito senza ideologia, come è stato chiamato, è un
gigante composto da 68 deputati, 18 senatori, 7 ministri (ora in
uscita), 7 governatori e quasi mille sindaci, oltre all’uomo che
potrebbe diventare presidente in un paio di mesi, l’attuale vice Michel
Temer. Temer ha titubato per mesi, ma alla fine ha deciso di consumare
il «tradimento» e adesso aspetta il suo turno per entrare in gioco;
secondo la Costituzione è lui ad assumere in caso di destituzione della
presidente. Nemmeno un ultimo incontro con l’ex presidente Lula la
domenica di Pasqua gli ha fatto cambiare idea. Temer ha spiegato che non
c’è via d’uscita alla crisi; i suoi non vogliono crollare assieme alla
Casa e sono pronti ad un governo-ribaltone con il centrodestra. La
votazione sull’impeachment arriverà in aula fra due, tre settimane;
Dilma può contare sui deputati del Partito dei Lavoratori e di tre
formazioni minori di sinistra oltre a qualcuno dei partiti medi che
lasceranno libertà di scelta; 130, 140 in tutto, troppo lontani dal
quorum di 172 che la salverebbe. Al Senato dovrebbe andare anche peggio.
Lula, ministro «congelato» dalla giustizia, confida nella sua abilità
di manovra, anche se per ora si tiene lontano da Brasilia per non far
imbestialire i giudici della Corte Suprema che hanno in mano il suo
caso. «La battaglia non è affatto perduta – ha detto in conferenza
stampa lunedì – ci sono molti indecisi e noi faremo un grande pressing».
L’ex
presidente soffre l’attacco incrociato di stampa e magistratura. «Il
giudice Sergio Moro è una persona competente, ma credo sia stato punto
dalla “mosca azzurra”, della superbia e dell’orgoglio. È indecente che
abbia filtrato conversazioni private di personaggi pubblici e che la
stampa si sia prestata al gioco; comportamenti che non aiutano la nostra
democrazia».
Il governo parla di un golpe in atto; Dilma lo ha
detto ai giornali stranieri, Lula lo ripeterà in un tour nel suo Nordest
per riattivare la militanza di base. La battaglia è anche sui blog e i
social media, oltre ai proclami pro governo di intellettuali, artisti,
attivisti. Venerdì prossimo si terranno sit-in di protesta presso le
sedi della Rede Globo, che appoggia le indagini dell’operazione
Lavajato, rafforzando la popolarità del giudice Sergio Moro e del suo
pool anti-corruzione.
Ma Brasilia, con i suoi giochi di potere
degni di «House of Cards», i suoi 28 partiti sparsi in Parlamento, le
alleanze e i tradimenti dell’ultim’ora è lontana dalla piazza. Dilma
Rousseff non è indagata in nessuna inchiesta, mentre lo sono il suo vice
Temer ed il presidente della Camera Eduardo Cunha, scoperto con 35
milioni di euro depositati in conti in Svizzera, ma a giocarle contro è
qualcosa di ancor più grave: la mancanza di appoggio politico.
Una
presidente dai piedi di argilla, isolata e indebolita, si prepara così,
con le poche armi rimaste ormai a disposizione, ad un aprile di sangue.