Corriere 30.1.16
Dalla ricerca sugli embrioni una speranza per la vita
di Umberto Veronesi
C
aro direttore, abbiamo accolto con gioia le diverse sentenze della
Consulta che, dal 2009 a oggi, hanno abbattuto i paletti sulla
fecondazione assistita della legge 40, che la rendevano una normativa
antifemminile e antiscientifica. L’obbligo dell’impianto di tre
embrioni, il divieto di crioconservazione e l’obbligo di un unico
impianto cadono nel 2009, il divieto di fecondazione eterologa viene
eliminato nel 2014, e le pene per il medico che si rifiuta di impiantare
embrioni malati vengono escluse nel 2015. Tanto più quindi oggi ci
stupisce la battuta d’arresto che la stessa Consulta ha recentemente
imposto al processo di modernizzazione della legge, dicendo no alla
ricerca sugli embrioni sovrannumerari, od orfani. Stiamo parlando di
quegli embrioni che giacciono nei frigoriferi dei centri di fecondazione
assistita, che non sono stati impiantati nell’utero della futura madre,
né adottati da un’altra mamma con problemi di fertilità. Dopo alcuni
anni, fra i 5 e i 10, questi embrioni diventano appunto sovrannumerari,
vale a dire inutili ai fini riproduttivi e quindi vengono letteralmente
gettati nel lavandino. Ed ecco il tema dell’appello degli scienziati:
noi vorremmo dare uno scopo più nobile agli embrioni destinati a finire
nel nulla, utilizzandoli per la ricerca scientifica a favore di malattie
oggi incurabili, come l’Alzheimer e il Parkinson. Ciò che mi ha colpito
leggendo i commenti della sentenza della Consulta, è che molti hanno
parlato di scelta fatta in nome della dignità dell’embrione. Ma come
possiamo parlare di dignità di un insieme primordiale di cellule che
scegliamo di far finire comunque tra i rifiuti? Capisco, del resto, la
delicatezza di un tema che sfiora il grande interrogativo di quando
inizia la vita. Ma il dilemma è essenzialmente di fede. Per esempio nel
mondo cattolico, Tommaso d’Aquino sosteneva che la vita inizia circa a
metà della gravidanza. Recentemente, invece, la Chiesa aveva posto uno
spartiacque al sedicesimo giorno dall’impianto dell’embrione nell’utero:
prima di allora si parlava di pre embrione. Ora invece per i cattolici
la vita inizia dal giorno zero. Queste disquisizioni profonde riguardano
tuttavia i credenti cattolici che, in linea di principio, non
dovrebbero neppure ricorrere alla fecondazione assistita anche in caso
di infertilità, in quanto la vita è dono e proprietà di Dio e solo Dio
può decidere a chi elargire il dono di una nuova vita. Per la legge
invece non esistono dubbi: la vita inizia con la nascita. Anche per la
scienza la posizione è chiara: l’embrione ha potenzialità di vita, così
come l’ovulo femminile e lo spermatozoo maschile, ma non ha vita. Ma
anche ammettendo che — fede, scienza e legge a parte — esista un
desiderio semplicemente umano e naturale di mantenere indefinitamente
gli embrioni, sarebbe un desiderio irrealizzabile nel concreto perché
comunque dopo un certo lasso di tempo perderebbero qualsiasi forma di
vitalità. È molto difficile dunque per il mondo della scienza accettare
di buon grado questo freno allo studio di embrioni italiani, che in
realtà non frena l’attività di ricerca scientifica (per fortuna), che
avviene comunque su embrioni acquistati all’estero. Quindi si generano
soltanto costi aggiuntivi per gli istituti di ricerca. Non possiamo
inoltre non segnalare la profonda contraddizione politica di un Paese
che legalizza l’aborto, ma impedisce la ricerca sugli embrioni
sovrannumerari. Tutti odiamo l’aborto, ma tutti abbiamo votato per la
sua legalizzazione come «male minore» rispetto all’aborto clandestino.
Nel caso degli embrioni il ragionamento è analogo, anche se con
implicazioni etiche molto minori. Chi non vorrebbe che ogni embrione
diventasse un bambino? Ma poiché è un sogno impossibile, molto meglio
fare di ogni embrione una speranza per la cura delle malattie più gravi.
Rinviare la decisione in merito al Parlamento è un’ipocrisia, perché
sappiamo che le questioni bioetiche vengono sistematicamente arenate.
Non ci resta che augurarci che la Corte europea dei diritti dell’ uomo
non confermi l’assurda decisione italiana.