La Stampa 2.3.16
Il piano della Russia “Siria divisa in tre”
Il leader dei drusi Jumblatt: come la Polonia del ’39
L’idea di confini lungo linee etnico-religiose. Curdi inclusi nei negoziati
di Lucia Sgueglia
La
Russia pensa ad una Siria divisa secondo le tre linee
etnico-confessionali. Uno scenario calcato sugli accordi di Dayton per
la guerra in Bosnia. Il leader druso Jumblatt: «Stiamo per assistere
alla spartizione della Siria, come nel 1939 con la Polonia»
La
Russia non esclude un futuro federale per la Siria. E sarebbe pronta a
uno «scenario bosniaco» per il futuro, calcato sugli accordi di Dayton
del 1995 che fissarono la frammentazione del Paese lungo tre linee
etnico-confessionali. Scavalcando con un balzo lo spauracchio del «Piano
B» agitato dagli Usa.
Lo ha ammesso Sergey Riabkov, viceministro
degli Esteri russo: se l’idea di una repubblica federale soddisfa i
partecipanti ai negoziati, e «garantisce di mantenere una Siria unita,
indipendente e sovrana, allora chi potrebbe fare obiezioni?».
Finora
il Cremlino aveva dribblato simili piani. La stessa portavoce degli
Esteri, Maria Zakharova, ha di recente ribadito che presupposto di
qualsiasi pacificazione è «il rispetto dell’integrità territoriale e
della sovranità siriana». Ma parlando del ruolo dei curdo-siriani
alleati sia di Mosca che degli Usa, pur rifiutando un «Grande
Kurdistan», ha dichiarato che il loro desiderio di autonomia «va preso
in considerazione».
E al centro della svolta diplomatica per Mosca
ci sarebbero proprio i curdo-siriani. Nei giorni scorsi alcuni loro
leader hanno parlato ai giornalisti russi della «desiderabilità» di una
«decentralizzazione» della Siria, per porre fine alla guerra. Il giorno
dopo lo scattare della tregua Ilham Ahmed, membro del Consiglio
esecutivo del Democratic Society Movement del Kurdistan siriano ha
rivelato che ci sarebbe già una «comprensione» in proposito tra Stati
Uniti e Russia e parti interessate. Delineando una mappa composta da tre
entità: Nord ai curdi; Sud con Damasco capitale che ospiterebbe
alawiti, drusi, cristiani e altri; e Centro ai sunniti. Tutti e tre
avrebbero i loro parlamenti e distinti sistemi elettorali. Non solo:
secondo fonti vicine al Cremlino anche Assad sarebbe d’accordo perché i
curdi sono suoi alleati indispensabili.
Per l’ex generale Ivashov,
capo dell’Accademia di Problemi Geopolitici, la Russia ha bisogno con
le parti siriane e iraniane di risolvere il problema dei curdi-siriani
che «combattono contro i terroristi, ma non combattono perché Assad
rimanga al potere». Unica soluzione ragionevole è la federalizzazione,
«perché non possiamo respingere i curdi, né accettare che escano dalla
composizione della Siria: costituirebbe un cattivo esempio». Federalismo
come valida alternativa per evitare una balcanizzazione.
Da fine
gennaio la Russia insiste per includere i curdo-siriani nei colloqui di
Ginevra. E guarda caso a Mosca il 10 febbraio esponenti del Rojawa hanno
inaugurato la loro prima sede all’estero: non una rappresentanza
diplomatica ufficiale, ma la speranza poco velata è ottenere sostegno
dal Cremlino per una regione autonoma curda in ogni accordo
post-bellico. Ricordando l’aiuto dato dall’Urss al Pkk contro la
Turchia. Oggi come ieri.
Il rischio è uno scontro frontale con
Ankara. Lavrov ieri ha ribadito che la Russia vuole chiudere il confine
tra Siria e Turchia. Il ruolo di gendarme potrebbe essere stato già
assegnato.