La Stampa 2.3.16
Un’emergenza nazionale gli arretrati della Cassazione
di Giovanni Canzio
Primo presidente della Corte di Cassazione
Il
Paese ha sete di legalità e di efficienza della giustizia e chiede che
la legge venga applicata in modo rapido e uniforme. La giurisdizione non
può però risolversi in un nudo esercizio statistico e in un
efficientismo senz’anima. La risposta alla domanda di giustizia
dev’essere pronta ed equa.
Negli ultimi decenni sono andati
crescendo gli interventi di supplenza della magistratura nella
governance dell’economia e della società. Il fenomeno affonda le radici
nella scarsa chiarezza e coerenza sistematica delle norme, talora
ispirate a logiche emergenziali, e nel labirinto delle stesse fonti:
legislative e giurisprudenziali, nazionali ed europee. Il giudice
ricostruisce i fatti, individua la regola più adeguata e,
nell’applicarla al caso concreto, svolge un ruolo parzialmente creativo
della regola medesima.
Come evitare il rischio che il fenomeno di
formazione giurisprudenziale del diritto vivente si risolva
nell’affievolimento delle garanzie di conoscibilità della legge e di
prevedibilità e coerenza delle decisioni? Come preservare l’autonomia e
l’indipendenza della magistratura, non privilegio dei magistrati ma
garanzia dei cittadini nello Stato di diritto, se è messo in forse il
primato esclusivo della legge?
Si apre per la magistratura la
questione del rapporto tra potere e responsabilità: se cresce il primo
(il giudice non è «bocca della legge» ma partecipe della formazione del
diritto), cresce proporzionalmente la responsabilità di chi lo esercita,
in termini di formazione, sapere, capacità e deontologia.
Conoscenza
e etica del limite, saggezza pratica nella conformazione della norma al
caso concreto, gradualità, proporzionalità e ragionevolezza delle
soluzioni. Queste le caratteristiche del giudice europeo perché, nel
raccordo tra potere, dovere e responsabilità, la magistratura acquisti
autorevolezza e fiducia nell’opinione pubblica e sia scongiurato il
rischio che la supplenza ne sposti la legittimazione sul terreno del
consenso popolare.
Al giusto equilibrio tra la dimensione creativa
del diritto giurisprudenziale e le aspettative di qualità, coerenza e
prevedibilità delle decisioni contribuisce la Cassazione, giudice di
legittimità che, con le sue più significative decisioni (i precedenti),
svolge una funzione di sintesi ordinatrice del circuito plurilivello
della giurisprudenza e degli standard di tutela dei diritti
fondamentali. Funzione questa (la nomofilachia) che riveste nei moderni
sistemi giuridici un importante rilievo per la certezza del diritto,
essendo diretta, nell’inarrestabile evoluzione della giurisprudenza, a
rendere chiari i criteri interpretativi di fondo cui essa s’ispira.
La
Cassazione versa, tuttavia, in una seria crisi di funzionamento perché,
assediata da un mostruoso numero di ricorsi, non riesce a costruire
isole di ordine sufficientemente solide per dissipare il disordine
dell’esperienza giudiziaria e per assicurare alla complessità del
sistema una pur provvisoria stabilità.
In mancanza di decisi
interventi legislativi sul flusso patologico dei ricorsi, nel settore
civile (in cui paradossalmente è lo Stato il maggior cliente nella
misura del 48%) resta alto il numero annuo delle iscrizioni (30.000) e
in aumento quello delle pendenze (105.000) e della durata dei
procedimenti (44,4 mesi). A fronteggiare l’impatto della domanda non si
rivela sufficiente nemmeno l’elevato tasso di definizioni e di
produttività dei magistrati.
Anche per quanto riguarda il settore
penale, con una sopravvenienza annua di 53.000 ricorsi tende ad
aumentare la pendenza, nonostante l’alto tasso di eliminazioni (di cui
il 64,2% per inammissibilità) e di produttività dei magistrati e la
ragionevole durata dei processi (7 mesi).
Il divario di carico
quantitativo della Corte italiana rispetto alle Corti di ogni altro
Paese europeo ha assunto (s)proporzioni strabilianti e incomparabili.
Per
fermare il declino della Cassazione si è avviato un percorso innovativo
di autoriforma, mediante l’adozione di misure organizzative di
razionalizzazione che, in una logica di semplificazione e accelerazione,
fanno leva sugli snodi dell’esame preliminare e del filtro dei ricorsi
definibili in forme semplificate e con schemi concisi di motivazione o
dei ricorsi da accorpare per la serialità delle questioni. Viene
incoraggiata la specializzazione e la costituzione dell’ufficio per il
processo di cassazione e potenziato l’utilizzo delle comunicazioni
telematiche e degli strumenti informatici, anche in vista della
redazione di provvedimenti connotati da sinteticità ed essenzialità.
Peraltro,
è assolutamente prioritario apprestare un piano straordinario di
riduzione dell’arretrato civile costituito da 105.000 procedimenti, di
cui poco meno della metà riguarda la materia tributaria in cui è parte
l’Amministrazione finanziaria. Una vera e propria emergenza nazionale,
per fronteggiare la quale risulta necessaria un’urgente riforma
legislativa che preveda una procedura camerale non partecipata,
caratterizzata dal contraddittorio eventuale delle parti e da una
motivazione contratta.
Quanto al settore penale, è urgente
l’approvazione del disegno di legge n. 2067 già scrutinato dalla Camera
dei Deputati e fermo al Senato da molti mesi, recante per le
impugnazioni penali incisive modifiche che, per la loro efficacia
deflativa, apporterebbero un sicuro beneficio al giudizio di cassazione
con risparmio di tempi e risorse.
Spetta al Parlamento apprestare
le misure necessarie perché la giurisdizione possa adempiere l’alto
compito di garanzia affidatole dalla Costituzione. D’altro canto, se il
giudizio non è solo architettura legislativa, ma anche filosofia e
prassi, pure i giudici debbono avviare un virtuoso percorso di
autoriforma e autorganizzazione, con speciale riguardo alle metodologie e
alle forme delle decisioni.