La Stampa 29.3.16
Se il computer contende all’uomo anche i concorsi letterari
In Giappone il romanzo scritto da un robot è stato selezionato per un premio. L’intelligenza artificiale ora è anche creativa
di Carlo Pizzati
Finora
potevamo stare tutti tranquilli, credendo che la minaccia all’umanità
dell’intelligenza artificiale avrebbe sempre incontrato un limite umano
invalicabile: la creatività. Ma ora che un romanzo giapponese scritto da
un robot con l’aiuto di una squadra di scienziati è riuscito a superare
uno dei quattro livelli di un premio letterario, il mondo della
letteratura e della cibernetica comincia a preoccuparsi davvero.
Va
bene, il titolo è un po’ ovvio, visto che il romanzo-bot in questione
si chiama: Il giorno in cui un computer scrive un romanzo. Gli autori
umani del programma, Hitoshi Matsubara e la sua squadra dell’Università
del Futuro di Hakodate, hanno ammesso che il loro coinvolgimento è
almeno l’80% dell’opera. Matsubara e colleghi hanno scelto parole e
frasi da un romanzo già esistente e hanno fornito idee di trama e
personaggi, ma alla fine è stato davvero il robot a scrivere il testo
che ha passato l’esame del premio letterario Nikkei Hoshi Shinichi,
dedicato al famoso scrittore di fantascienza Hoshi Shinichi, autore di
(guarda caso) Il robot furbetto.
Il premio Hoshi Shinichi è aperto
a tutti, compresi «i programmi di intelligenza artificiale e altri
non-umani». I testi sono presentati in forma anonima, dunque i giudici
non sanno quali siano scritti da un software. Su 1450 manoscritti
presentati, 11 sono stati scritti da programmi e non da umani. Il giorno
in cui un computer scrive un romanzo è il primo a passare questa sorta
di test letterario di Turing, l’esame per determinare se un computer è
in grado di pensare, ideato nel 1950 da uno dei padri dell’informatica.
Il famoso test di Turing serve a stabilire se una fonte intervistata per
iscritto sia un essere umano oppure un programma software. La macchina
in grado di superare questo test può essere definita come macchina
intelligente, secondo lo scienziato britannico.
«Sono rimasto
sorpreso da questo libro», ha ammesso il romanziere Satoshi Hase. «È un
romanzo ben strutturato. Ma ha ancora dei problemi da superare per
vincere il premio, come ad esempio la descrizione dei personaggi». Che è
proprio uno degli aspetti della scrittura dove bisogna esercitare una
capacità di empatia e non solo tecnica.
Forse questo libro, la
storia di un computer che scrive un romanzo, non riuscirà a passare i
prossimi livelli. Ma un record è stato infranto e apre ad altre
possibilità creative dell’intelligenza artificiale. In questo ambito ha
già sorpreso il programma Google «AlphaGo», che è riuscito a battere il
campione Lee Sedol al gioco di Go, molto più complesso degli scacchi.
È
vero che il software incorporava il repertorio dello stesso Sedol, e
quindi il robot ha vinto in maniera non-creativa, ma imitativa. Ma
quella che si pensava essere un’altra frontiera umana inespugnabile è
stata conquistata. Nei giorni scorsi, Microsoft è stata invece costretta
a sopprimere il suo chat-bot Tay, avatar di una ragazza che nell’arco
di un giorno è diventata una voce razzista, anti-femminista e
negazionista dell’Olocausto. Ma perché? Perché formava le sue
opinioni-tweet basandosi sull’attacco di un gruppo di troll che la
nutriva di idee virulente, rivelando così che, a oggi, il ruolo degli
umani che danno forma al programma di intelligenza artificiale è ancora,
appunto, all’80%. Ma per quanto?
A questo proposito, fa venire la
pelle d’oca leggere le ultime parole del romanzo-bot che ha passato il
test giapponese: «Il computer, dando priorità al perseguimento della
propria felicità, smise di lavorare per gli umani».