La Stampa 29.3.16
La crescita infelice
di Massimo Gramellini
Per
Marcel Fratzscher, un economista tedesco non allineato al pensiero
unico, quando una minoranza di persone si arricchisce ai danni di tutte
le altre, il prodotto interno lordo dell’intero Paese peggiora. A prima
vista sembra una banalità: se pochi ricchi rastrellano il rastrellabile e
la maggioranza dei consumatori ha sempre meno soldi in tasca e
tantissima paura di spenderli, chi può ancora permettersi di comprare
frigoriferi, maglioni e telefonini, alimentando la fantomatica Crescita?
Invece gli economisti tedeschi di sistema si sono scagliati contro il
tapino, sostenendo che i suoi dati (peraltro desunti dall’Ocse, non da
Disneyland) sono sbagliati e le sue conclusioni abborracciate. Perché è
vero che anche in Germania i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri
più poveri, ed è verissimo che il risanamento dei conti pubblici lo
hanno pagato il ceto medio immiserito e i giovani disoccupati o
sottopagati. Ma lungi dal mortificarla, l’aumento della disuguaglianza e
dell’infelicità collettiva ha fatto bene alla signorina Crescita.
Infatti il reddito pro capite è in salita, seppure a scapito di tre
tedeschi su quattro, che come nella storia dei polli di Trilussa si
ritrovano abbondantemente sotto la media.
Mi guardo bene
dall’entrare in queste dispute tra scienziati. Ma se anche i rivali di
Fratzscher avessero ragione, un sistema economico che cresce sulla pelle
di tre quarti della popolazione e trova degli economisti disposti a
menarne vanto senza proporre uno straccio di alternativa, sancisce il
passaggio definitivo dal capitalismo al sadomasochismo.