La Stampa 24.3.16
Quando le coppie di fratelli seminano il terrore
di Leonardo Martinelli
Ibrahim,
29 anni, kamikaze all’aeroporto, e Khalid, 27, stesso destino alla
stazione della metropolitana di Maelbeek: erano i fratelli El Bakraoui.
Gli ennesimi, stretti in una fedeltà d’acciaio, della galassia
jihadista: come Salah e Brahim Abdeslam, pure loro di Bruxelles. O
Chérif e Saïd Kouachi, che a Parigi gettarono la morte nella redazione
di Charlie Hebdo. E ancora Mohammed Merah, antesignano nel 2012 di
questo tipo di stragi in Francia, e il fratello Abdelkader, suo
complice, oggi sotto processo. Fino a Dzochar e Tamerlan Tsarnaev,
autori dell’attentato a Boston nel 2013.
Il background familiare
«Già
nella vita normale l’associazione di due fratelli è cosa comune, per
creare un’impresa o una band musicale – sottolinea Claude Halmos,
psicanalista francese -. Ma nel caso dello jihadismo, esiste spesso una
situazione familiare difficile: genitori con una storia personale
pesante, l’impossibilità di dare dei riferimenti ai figli, condizioni di
vita difficili». I Kouachi erano orfani (e la madre, negli ultimi anni
di vita, si prostituiva), mentre il padre dei Merah era uno spacciatore.
Un
passaggio nella piccola delinquenza è un’altra tappa obbligata per
quasi tutti questi fratelli. Gli El Bakraoui erano nel mirino della
polizia belga per «banditismo». Ovviamente, esiste pure qualche
eccezione: i genitori degli Abdeslam, ad esempio, non hanno problemi
apparenti: lui conducente della metropolitana di Bruxelles in pensione e
la madre, casalinga, sono descritti come «adorabili» dai loro vicini a
Molenbeek. I fratelli Belhoucine, francesi, accompagnarono la fidanzata
di Amedy Coulibaly nella sua fuga in Siria (sono poi morti lì). Ebbene,
Mohamed Belhoucine era stato addirittura studente di una prestigiosa
scuola d’ingegneria, le Mines di Albi. Anche se proprio le sue
difficoltà d’integrazione in quell’istituzione d’élite lo avevano
avvicinato allo jihadismo.
Clan quasi incestuosi. «In genere la
radicalizzazione non si fa contro ma per la famiglia» osserva Serge
Hefez, psichiatra e psicanalista all’ospedale della Pitié Salpêtrière di
Parigi -: nella sua logica, il giovane vuole riportare i propri cari
alla tradizione e all’Islam delle origini. Si considera un salvatore».
Mohammed Merah spinse addirittura la madre, che si era separata dal
padre, a sposarsi con quello di Sabri Essid, altro jihadista di Tolosa,
suo amico. «Creano legami di tipo clanico – conclude Halmos -, da
famiglia allargata. E con rapporti a carattere incestuoso, anche se non
reali».