mercoledì 23 marzo 2016

La Stampa 23.3.16
Il frutto del desiderio, da Platone a Shakespeare
Dalla Bibbia a Biancaneve fino a Steve Jobs, è seducente e pericolosa
di Mario Baudino

Gli antichi greci, lo sappiamo da Aristofane, dichiaravano lanciando una mela il proprio amore: o il proprio desiderio, perché dalla Bibbia in poi, comunque si voglia interpretare l’episodio di Eva e del serpente, è stata proprio questa pulsione dell’anima a incarnarsi nel frutto per eccellenza abbondante, dolce, nutriente, dono degli dei ma non proprio alla portata di tutti, date le difficoltà di conservazione e trasporto. «Le ragazze sono come le mele sugli alberi», scrisse Shakespeare, con chiaro riferimento alla Saffo del frammento noto come La mela sull’alto ramo. In entrambi i casi la migliore è sempre la più bella e la più in alta, quella che gli uomini data la difficoltà dell’impresa tendono a lasciar perdere, forse per non fare la fine di Adamo.
Nei giardini medioevali, modellati su quello biblico, la mela non può mancare, anche se in secondo piano rispetto a alberi di più intenso significato simbolico, come la palma e il melograno. E’ sinonimo di abbondanza, felicità, appagamento. È un frutto sensuale, e non solo a causa dei nostri mitici progenitori (che potrebbero esserne invece, l’effetto): tant’è vero che nelle favole - la cui origine è antichissima - dispiega tutta la sua ambiguità.
La mela magica e avvelenata che la matrigna offre a Biancaneve ha ovviamente vertiginose implicazioni psicologiche; ma andrà sottolineato che è velenosa solo per metà. Platone usa nel Simposio un’immagine analoga, le due metà del frutto, per descrivere l’incompiutezza umana e la ricerca dell’anima gemella: non sapremo mai come avrebbe interpretato la fiaba, se mai l’avesse conosciuta, ed è un vero peccato. Sappiamo invece come cantò Pablo Neruda, in una sua celebre poesia: «Te, mela,/ voglio/ celebrare/ riempiendomi/ la bocca/ col tuo nome,/ mangiandoti./ Sei sempre/ nuova come niente altro,/ sempre/ appena caduta/ dal Paradiso:/ piena/ e pura/ guancia arrossata/ dell’aurora!».
Dalla Bibbia a Steve Jobs, la mela è seducente e pericolosa. Nel giardino delle Esperidi il mito greco ne immaginò tre, d’oro, custodite da un drago, che potevano sì promettere immortalità all’eroe di passaggio, ma combinarono un mucchio di guai (non ultimo la guerra di Troia). Per i Celti Avalon, il mondo parallelo dei guerrieri, era un meleto, proprio come quello tanto amato da Guido Gozzano. Il paradiso del desiderio, vicinissimo e irraggiungibile, può fare brutti scherzi. Nelle Metaformosi di Kafka, Gregori Samsa, risvegliatosi scarafaggio, dopo molte umiliazioni viene ucciso dal padre: che gli scaglia contro, va da sé, una mela.