La Stampa TuttoScienze 23.3.16
Nel grande freddo del cosmo stiamo costruendo il futuro
Da un lavoro teorico di Enrico Fermi di 90 anni fa il trampolino per le super-tecnologie del XXI secolo
di Massimo Inguscio
Gli
 ultimi affascinanti messaggi dall’Universo ci parlano di eventi a 
temperature altissime. Buchi neri collassano l’uno nell’altro e ce ne 
accorgiamo più di un miliardo di anni dopo, rivelando per la prima volta
 in modo diretto onde gravitazionali. Per farlo usiamo la «quiete 
fredda» di apparati ottici, in cui la luce laser «rimbalza» tra specchi 
immobilizzati dal freddo, per quanto possibile. La suggestione del 
caldo-freddo continua con il Big Bang: i colleghi del Cern si 
«avvicinano» a quel momento con collisioni ad alta energia che 
riproducono temperature di miliardi di miliardi di gradi.
La 
natura ci regala, però, un fondo di radiazione che resta dal Big Bang e 
che pervade tutto il cosmo con una temperatura «residua» di più di 270°C
 sotto lo zero Celsius, quello dell’acqua che congela nel nostro 
ambiente. La fisica usa, in effetti, una scala «assoluta» di 
temperatura, in cui i gradi Kelvin partono da uno zero posto ancora più 
in basso, al limite di quanto permesso dalle leggi della termodinamica. 
Il fondo cosmico è a soli 2.7 gradi Kelvin, mentre quando si formavano i
 primi nuclei atomici, nei primi minuti dopo il Big Bang, la temperatura
 era di miliardi di gradi.
Regna ancora un grande freddo negli 
spazi interstellari, passati più di 10 miliardi di anni. Tuttavia è 
sufficiente ad eccitare transizioni atomiche a bassissime energie e moti
 di rotazione di molecole che possiamo «vedere» con i radiotelescopi. 
Scopriamo così che lo «spazio vuoto» non è vuoto, ma, anzi, custodisce 
la materia: dall’idrogeno, al carbonio, al metano o a molecole più 
complesse e di interesse biologico. È però sul nostro Pianeta, nei 
piccoli laboratori di fisica atomica, che si producono le temperature 
più basse dell’Universo, vicine di miliardesimi di grado 
all’irraggiungibile zero assoluto.
Già, irraggiungibile, perché è 
impossibile che l’agitarsi della materia si arresti. Fermi, nella quiete
 di Arcetri, volle soddisfare la curiosità di quale potesse essere il 
«destino» statistico di un gas di atomi a quelle temperature estreme, 
solo un’ipotesi accademica di 90 anni fa. Prossimi allo «zero assoluto»,
 gli atomi perdono identità e si dividono tra quelli che «condensano», 
come previsto da Einstein nel 1924, e quelli che degenerano in un mare 
previsto da Fermi due anni dopo. Solo alla fine del secolo scorso siamo 
riusciti a produrre temperature tanto basse da osservare direttamente 
come gli atomi godono di questi fenomeni squisitamente quantistici. 
Protagonista dell’avventura è stata ancora una volta la luce laser. I 
fotoni che la compongono, urtando ripetutamente gli atomi, «frenano» il 
loro moto, riducendone la velocità dalle centinaia di metri al secondo 
di un normale gas fino a pochi centimetri al secondo o anche meno. 
Questi atomi tanto lenti possono essere intrappolati in speciali 
scodelle, nelle quali si raffreddano sempre più mano a mano che alcuni 
di loro - i meno freddi - «evaporano».
Se le prime «scodelle» 
furono realizzate con ingegnosi campi magnetici, ora riusciamo a 
sfruttare il campo elettrico associato all’onda luminosa. Basta 
concentrare un fascio laser su un piccolo volume e lì gli atomi vengono 
attratti ed intrappolati. Le «pareti» della scodella di luce assumono 
proprio la forma di parabola, come Fermi aveva immaginato nel suo lavoro
 teorico. Proprio ad Arcetri i ricercatori del laboratorio «Lens» furono
 i primi italiani a produrre un condensato di Bose-Einstein nel 1999 e 
ad ottenere una delle prime osservazioni di un gas atomico di Fermi nel 
2001.
Il convegno di questi giorni copre gli scenari, alcuni 
davvero imprevedibili, aperti grazie alla capacità della scienza 
nell’aver portato gli atomi alle temperature più basse dell’Universo. 
Se, per la loro natura, fermioni identici non interagiscono tra loro, è 
ora possibile controllare le interazioni di coppia tra fermioni diversi.
 Questo ci porta ad osservare la «fisica nascosta» dietro a fenomeni - 
come la superfluidità o la superconduttività – che stanno alla base di 
sofisticati sensori e dispositivi quantistici o di apparecchiature che 
producono grandi campi magnetici. È ancora la storia di come dalla 
curiosità e dal gioco del sapere possano scaturire, magari a sorpresa, 
importanti rivoluzioni tecnologiche.
 
