La Stampa 23.3.16
La prima mela
Il pomo di Adamo ed Eva è nato in Kazakistan A questo frutteto millenario va il premio Carlo Scarpa
di Antonella Mariotti
Il
primo frutto è nato qui. La mela di Adamo ed Eva deve essere stata lei,
quel grande pomo dalla buccia rossa che ancora oggi cade dalle piante
alte fino a trenta metri nella «Foresta dei meli selvatici del Tien
Shan» in Kazakistan, sulla Via della Seta. Un frutteto-foresta che visto
dall’alto, durante la stagione della fioritura, assomiglia molto
all’idea che abbiamo del Paradiso Terrestre. Ma quello che possiamo
vedere oggi non sono che frammenti dell’immensa e antica foresta di meli
(alcune di queste piante hanno 350 anni), che milioni di anni fa nel
Terziario era la culla delle piante originarie del frutto che ha
accompagnato miti, leggende e favole nella storia dell’uomo.
La
mela di Adamo ed Eva riceverà a maggio il premio Carlo Scarpa per il
giardino, da 27 anni consegnato dalla Fondazione Benetton di Treviso. Un
premio che ha soprattutto l’obiettivo di conservare quel patrimonio di
biodiversità dell’Asia centrale che lungo la catena montuosa del Tien
Shan ha resistito a inverni crudeli ed estati aride, per cadere poi per
l’ottanta per cento sotto le accette dell’impero russo che ha sterminato
la maggioranza di questi meli. Il premio Scarpa aiuterà Natalya Ogar,
studiosa kazaka che da decenni lavora in condizioni difficili, nella
ricerca accademica e nel dialogo con le istituzioni per la protezione di
quel che resta di questo spicchio di natura, quasi sconosciuto.
Conservazione
Nel
Djungarsky il melo è l’albero dominante con i suoi giganti secolari.
Qui ha lavorato a lungo Aymak Djangaliev morto nel 2009, e che per primo
si è dedicato alla salvaguardia del «malus sieversii». Perché come
succede troppo spesso anche le «Foreste dei meli selvatici» rischiano la
scomparsa e per questo la Fondazione Benetton ha deciso di premiare un
paradiso di biodiversità. Il malus sieversii prende il nome di chi lo
scoprì: August Carl Sievers, erborista e botanico del diciottesimo
secolo al servizio di Caterina II di Russia. Nel 1795 Sievers,
incaricato di esplorare i confini del grande impero russo, si perse
nelle gole del Tarbagatai, tra vette alte 7000 metri, valli scavate da
duecento fiumi, versanti esposti a climi estremi. E lì più a Nord, nel
Tien Shan, il botanico scoprì l’allora immensa foresta di questi meli
che hanno la maggior biodiversità concentrata in un solo elemento.
Nel
1929 è l’evoluzionista Nicolai Vavilov a dire «è la prima mela»
osservando la straordinaria manifestazione di caratteri ereditari in un
solo frutto: la buccia può essere liscia o «pelosa», il frutto attaccato
al ramo o con un picciolo lungo come la ciliegia, avere differente peso
e misura. La diversità è il suo pregio. Così per gli alberi non ce n’è
uno uguale all’altro: a cespuglio o a tronco unico, di colore rosso come
i frutti e come le foglie. Una biodiversità che sta nel Dna di questi
alberi e di questi frutti e non nell’adattamento al territorio. Questo
ne ha fatto il progenitore di tutte le mele. Saranno le recenti analisi
genetiche (la più vicina è del 2010) a confermare l’ipotesi. La mela è
il primo frutto in ogni senso, nella storia come nella vita: è la polpa
di questo «falso frutto» che il neonato può mangiare subito dopo il
latte materno.