mercoledì 23 marzo 2016

La Stampa 23.3.16
Il voto moderato ribalta la politica estera Cinquestelle
Il M5S passa da “capire” a “punire” l’Isis
di Francesco Maesano

Un po’ di qua, un po’ di là. Che nel M5S convivano istanze diversissime e spesso in contraddizione tra loro è un dato ormai assodato. «Nè di destra nè di sinistra» si definiscono i Cinquestelle quando gli si chiede se, alternativamente, stiano accarezzando questo o quell’elettorato. E definire la posizione del Movimento sulla politica estera è ancora più complesso.
Prendiamo l’inizio del coinvolgimento europeo nella crisi siriana: quando nell’agosto del 2014 il parlamento autorizzò la fornitura di armi ai peshmerga curdi che fronteggiavano l’Isis in Iraq, il M5S votò contro. Alessandro Di Battista, che per lungo tempo è stato considerato una sorta di ministro degli esteri ombra, spiegò che «il terrorismo è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella», invitando in un intervento pubblicato sul Blog di Grillo a «smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione». La polemica fu durissima, la prima sul terreno della politica estera tra Pd e Cinquestelle, e l’eco si trascinò per mesi, provocando malumori all’interno del gruppo alla Camera.
Ma da allora il M5S è cambiato parecchio. Oggi la linea di Di Battista trova molta meno cittadinanza tra i Cinquestelle che nel frattempo hanno iniziato a tessere una rete di buone relazioni diplomatiche con i governi stranieri, come si conviene a una forza d’opposizione che si candida a rappresentare un’alternativa di governo credibile.
Per questo ieri le prime parole di condanna della strage di Bruxelles sono state quelle dure e prive di dubbi di Virginia Raggi: «Mi auguro che chiunque si sia macchiato di questi barbari attacchi paghi presto il caro prezzo della giustizia. Dobbiamo guardare avanti e non farci intimorire».
Per questo oggi Luigi Di Maio, sempre più compreso nel suo ruolo di frontman designato del M5S per le prossime politiche, incontrerà i 25 ambasciatori dei paesi membri dell’Ue, curiosi di conoscere il neanche-trentenne vicepresidente della Camera che vuole contendere il paese a Matteo Renzi.
Perché il Movimento sta cambiando e nel farlo, nel tentare di intercettare vaste fette di elettorato moderato, per quanto arrabbiato, propone ora una più convenzionale, e più rassicurante, idea di politica estera.