La Stampa 23.3.16
Un cargo e 61 container trasportano gli Stones a Cuba e nella Storia
Sull’isola c’è un’attesa pazzesca per il concerto di venerdì. Jagger scherza: “Grazie Obama per aver aperto lo show”
di Marinella Venegoni
Un
fermento simile qui non lo aveva mai vissuto nessuno, nemmeno per i
Papi. Due simboli del mondo occidentale in una sola botta, nell’isola
che per la Settimana Santa si apre al futuro.
Almeno in parte,
futuro: perché per un’Obama che oggi parte ci sono i Rolling Stones che
arrivano, e proprio avveniristici non sono. Ma classici sì, la
quintessenza della cultura rock, sempre vista come un po’ depravata e
anche per questo molto interessante. I quattro britannici hanno subito
trovato il modo di definire il Presidente degli Stati Uniti un «opening
act», una specie di supporter, del loro primo (e di sicuro ultimo)
concerto cubano, che si terrà venerdì sera alla Ciudad Deportiva.
Naturalmente
scherzano, a 70 anni suonati sono rimasti dei fanciulloni, e ancor più
si sentono tali, ora che tanti loro colleghi coetanei tirano le cuoia o
chiudono la ditta per decessi interni. Bisogna festeggiare, chiudendo
con il botto dell’Avana la tranche sudamericana del tour: che dal 2012
ha fruttato, secondo Billboard, 400 milioni di dollari.
E possono
anche suonare gratis in quest’impresa mai vista, a Cuba, a quei livelli
di grandeur, leggenda, popolarità. Tutta la musica che arriva dall’Ovest
qui è sempre stato seguita con un’attenzione devota e rapita. Nel ‘95 a
Plaza de la Revolucion, sotto l’immagine del Che, il nostro Jovanotti
aveva fatto un pieno da paura; tre anni fa era toccato a Zucchero; e
solo il 6 marzo scorso sono arrivati in più di 400 mila ad ascoltare il
progetto di dancehall elettronica dei Major Lazer, emanazione del dj
Diplo.
Gli Stones li conoscono anche quelli che non sanno chi
Diplo sia, e però si ricordano dei vecchietti del Buena Vista da
giovani. Dunque le cifre d’affluenza prevista salgono: 500 mila
all’interno di quello che non è uno stadio ma un complesso sportivo, e
altri 500 mila già si dice che si spargeranno fuori. Tutto naturalmente è
gratuito. Sono stati, e sarà pure quello degli Stones, concerti per il
popolo cubano, d’intesa con l’Istituto cubano di musica, «senza il quale
nulla sarebbe potuto succedere» recita John Meglen, co-presidente di
Concerts West, emanazione della multinazionale di concerti Aeg.
Poiché
sull’isola le strutture sono inesistenti, lo sforzo economico è
ingentissimo: un comunicato stampa della band rivela che il
finanziamento viene dalla Fundashon Bon Intenshon, per conto dell’isola
di Curaçao, «che supporta progetti umanitari nel campo dell’educazione,
sport, cultura, salute e turismo». L’avessero detto a Keith Richards nei
tempi d’oro, che sarebbe diventato un soggetto di promozione culturale,
non ci avrebbe mai creduto.
Il concerto sarà filmato, il che
porterà ulteriori introiti, utilissimi viste le spese spettacolari di
trasporto di tutto (ma proprio tutto) ciò che necessita. Da Miami sono
arrivati 61 container e un cargo pieno di attrezzi; più laborioso il
trasporto della crew, 350 persone, che l’organizzazione voleva portare
su una nave da crociera per risparmiare i costi del soggiorno.
Gli
operatori di Miami sono diventati matti per trovarne una, ma sono tutte
impegnate in liete crociere turistiche. Da Miami, tra l’altro,
arriveranno all’Avana altre migliaia di persone, che non si vogliono
perdere lo spettacolo a nessun costo: non c’è più un posto in aereo
nelle diverse rotte, e nemmeno si trova all’Avana una camera d’albergo.
So di gente che dopo il concerto andrà a dormire a Varadero, a cento
chilometri da qui.