La Stampa 22.3.16
Referendum e trivelle, l’altro Pd unito solo dal no all’astensione
Il vasto fronte non renziano diviso: Prodi e i lettiani per il no, Speranza per il sì, Bersani e Cuperlo mediano
di Alessandro Di Matteo
La
 minoranza l’ha scelta come nuova battaglia anti-Renzi, perché «è 
inaccettabile che il Pd inviti all’astensione», come ha detto per 
esempio Roberto Speranza. Ma la polemica sul referendum anti-trivelle 
rischia anche di diventare un po’ imbarazzante per la stessa sinistra 
Pd, perché sul merito della vicenda, ovvero sul sì o no alle 
trivellazioni, le posizioni nel partito non rispettano i confini delle 
correnti e non sono affatto convergenti nemmeno nel fronte che si 
contrappone al segretario-premier.
Un conto è attaccare i 
vice-segretari del Pd Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani per aver 
invitato all’astensione, prima ancora che si riunisse la direzione del 
partito. Altra cosa è, poi, dire se il prossimo 17 aprile si voterà sì o
 no al referendum che chiede di bloccare le trivellazioni all’interno 
delle acque territoriali. Qui la faccenda si fa più complessa, perché 
soprattutto chi ha già avuto responsabilità di governo fatica a sposare 
la linea ultra-ambientalista del «fermiamo tutto» che piace ai 
«giovani».
Diversi bersaniani doc, in queste ore, stanno 
annunciando il loro voto contro le trivelle, ovvero il sì al quesito che
 chiede di bloccare le operazioni in mare. Sarebbe questa l’intenzione 
di Speranza, dicono. Di sicuro, il sì al referendum è la posizione di 
Miguel Gotor e di Davide Zoggia: «Innanzitutto – dice Zoggia - 
boicottare il referendum è sbagliato. Dopodiché, non c’è stata una 
nostra riunione su questo. Io personalmente voto sì». Zoggia precisa: 
«Personalmente». Perché, appunto, la questione è delicata. Romano Prodi,
 l’uomo che Bersani e Speranza hanno scelto come simbolo di quel Pd che 
Renzi starebbe snaturando, è infatti da sempre un sostenitore 
dell’estrazione di petrolio in Adriatico e qualche giorno fa ha definito
 «un suicidio» l’eventuale vittoria dei sì. Posizione che, raccontano i 
bene informati, Prodi tornerà a esporre con forza prima del voto. Enrico
 Letta, nell’intervista di qualche giorno fa, non ha parlato della 
vicenda, ma il deputato lettiano Marco Meloni argomenta: «La mia 
posizione è quella di Prodi».
Lo stesso Pier Luigi Bersani, 
drastico nel criticare l’astensione, da ex ministro è molto più cauto 
sul merito. In questi giorni ne ha parlato più volte con Speranza. L’ex 
capogruppo vorrebbe sostenere il sì: sette delle regioni che lo hanno 
proposto sono governate dal Pd, l’ambientalismo è una battaglia del Pd.
Ragionamento
 che Bersani capisce. Ma l’ex leader è anche convinto che né il sì né il
 no al referendum siano «risolutivi», perché la faccenda è più 
complessa, bisogna dare «certezze alle imprese che investono». Il punto,
 per l’ex segretario, è che Renzi avrebbe dovuto mettere intorno a un 
tavolo regioni e aziende interessate, «l’Ulivo avrebbe fatto così, non 
saremmo mai arrivati a questo». Di sicuro, Bersani voterà, l’astensione è
 considerata un’aberrazione, ma vorrebbe evitare di dire quale sarà la 
sua scelta.
Simile la linea di Gianni Cuperlo, uno dei primi a 
criticare l’invito all’astensione: «Anche se prevalessero i sì le 
trivellazioni non in si interromperebbero dopo una settimana, ma dopo 
anni. A suo tempo mi esprimerò compiutamente nel merito». Nulla è facile
 sotto il Pd.
 
