Corriere 22.3.16
Un’offensiva a tavolino per logorare palazzo Chigi
di Massimo Franco
Non
si può pensare che il Movimento 5 Stelle speri davvero di far dimettere
il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi con la sua mozione di
sfiducia al Senato. Per paradosso, l’obiettivo è opposto: sfruttando il
rinvio a giudizio del padre nell’inchiesta su Banca Etruria e altri tre
istituti di credito, il M5S vuole che la Boschi rimanga al suo posto,
messa quotidianamente alla gogna; e che Matteo Renzi continui a
blindarla al governo, mostrando un esecutivo sulla difensiva e dunque a
rischio di logoramento. L’operazione, insomma, è un pezzo di campagna
per le amministrative.
A fermare mosse che hanno uno sgradevole
sapore elettorale non è bastata neppure la tragedia delle sette ragazze
italiane morte in un incidente stradale in Spagna. Il Pd ha annullato la
riunione della Direzione «per lutto», rinviandola al 4 aprile; e il
premier è volato dai parenti delle vittime «a portare l’affetto
dell’Italia». Ma questo non ha diluito i veleni. Beppe Grillo diffonde
parole al vetriolo contro Renzi. E il suo movimento vorrebbe che il
Senato discutesse di banche prima di Pasqua. La mozione contro la Boschi
«non ha senso», replica il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini. «E
la respingeremo».
È molto probabile che sarà così. Tra i dem
ostili al premier, tuttavia, la tentazione di usare questa occasione per
metterlo in difficoltà è vistosa: cresce la convinzione che «voglia far
fuori tutti gli avversari» formando «liste a sua immagine e
somiglianza» con l’Italicum, sostiene il governatore della Puglia,
Michele Emiliano. E aggiunge che Boschi risolverà il problema della
permanenza al governo «nella propria coscienza. Deve decidere se è nelle
condizioni di andare avanti». Parole abrasive, visto che il ministro
ripete di non volersi dimettere per le accuse al padre Pierluigi.
L’atmosfera
da eterna resa dei conti non promette nulla di buono. E le opposizioni
vogliono comunque martellare Palazzo Chigi. Sanno che Boschi è uno dei
pilastri del governo. Indebolendo lei contano di acuire l’affanno di un
Renzi che si muove bene su Libia ed Europa. Ma paga lo scotto di
un’immigrazione che nessuno riesce a incanalare in una strategia; e di
una crisi economica che smentisce qualsiasi ottimismo.
Le
difficoltà ad applicare l’accordo appena raggiunto con la Turchia, alla
quale andranno di qui al 2018 sei miliardi di euro per controllare il
flusso dei migranti, sono già evidenti. E la questione diventa un’altra
spina nel fianco di Renzi, incalzato dalla xenofobia della Lega e dal
M5S. Forse, se le previsioni economiche fossero migliori, l’immigrazione
clandestina sarebbe un problema gestibile. Lo scarto tra le prospettive
di ripresa e la stagnazione alla quale l’Italia sembra inchiodata rende
invece tutto più difficile. Ed espone il governo alle critiche: quelle
vere e quelle strumentali.