il manifesto 22.3.16
Cgil, arrivano i referendum contro il Jobs Act
Sindacato.
 Licenziamenti, appalti, voucher: tre quesiti accanto alla proposta di 
legge «Carta dei diritti universali». Banchetti in tutte le piazze dal 9
 aprile. Sulle trivelle Camusso e il sindacato non esprimono una 
posizione univoca, ma invitano i cittadini a non astenersi: «Il 17 
aprile andate a votare»
di Antonio Sciotto
E così
 anche la Cgil ha i suoi referendum, riguardano i diritti sul lavoro e 
verranno affiancati alla «Carta universale» che è già stata presentata 
negli ultimi due mesi in 42 mila assemblee in tutta Italia. Avranno come
 oggetto i voucher («Puntiamo a eliminarli, così come sono destrutturano
 il lavoro», ha spiegato ieri la segretaria generale Susanna Camusso), 
gli appalti e i licenziamenti. Non si restaurerà il vecchio articolo 18,
 ma si correggeranno le storture introdotte dalla riforma Fornero e dal 
Jobs Act per tornare ad ampliare le possibilità di reintegra, oggi 
limitatissime.
Il Direttivo ieri in serata ha dato l’ok alla nuova
 fase della Carta dei diritti universali – che ora dovrà trasformarsi in
 proposta di legge di iniziativa popolare – e ha varato il testo dei tre
 quesiti. Dopo che le assemblee hanno promosso – «in modo direi quasi 
bulgaro», ha commentato Camusso – sia la proposta di legge (98,49% degli
 1,5 milioni di votanti) che l’idea di presentare i referendum (93,59%).
 I banchetti cominceranno a vedersi nelle piazze italiane dal 9 aprile 
in poi.
Il timing dei referendum dovrebbe naturalmente portare al 
voto nella primavera 2017, ma a precisa domanda ieri la leader del 
sindacato ha glissato: questo perché la Cgil spera che l’elaborazione 
delle nuove leggi sul lavoro (trovando ovviamente maggioranze politiche 
che le appoggino) possa addirittura evitare il ricorso alle urne, come 
si sa sempre rischioso. «I referendum vogliono essere un sostegno alla 
nostra proposta costruttiva – ha spiegato la segretaria – e sinceramente
 non sono neanche stati al centro delle assemblee come invece lo è stata
 la Carta dei diritti».
Ma c’è un altro referendum che in questi 
giorni fa discutere, visto che tra l’altro il sindacato è nettamente 
diviso al suo interno, tra i No e i Sì: quello sulle trivelle. L’anima 
più lavorista – che ha trovato voce nella categoria di settore, i 
chimici della Filctem – d’accordo sostanzialmente con il premier Matteo 
Renzi teme che si possano perdere migliaia di posti. Dall’altro lato, la
 parte più ecologista e movimentista dell’organizzazione nell’ultima 
settimana si è data da fare sui social e ha raccolto centinaia di firme 
(inizialmente erano 400, di segretari, quadri e dirigenti) per sostenere
 le ragioni del Sì.
Da più parti si pensava che, per quanto non 
compreso nell’ordine del giorno, il tema sarebbe stato affrontato nel 
Direttivo di ieri: invece così non è stato. «In quanto segretaria 
dell’organizzazione devo rappresentare tutti – ha spiegato Camusso – 
Sappiamo che c’è un dibattito, plurale e vario anche al nostro interno, e
 il dibattito continua: ma appunto per questo non esprimerò una mia 
posizione». Quanto al Direttivo, «non ha senso discutere su un tema se 
poi non deve seguire una decisione». Fondamentale, però, non astenersi: 
«Spero che le lavoratrici e i lavoratori vadano a votare il 17 aprile».
Tornando
 alla Carta dei diritti, e ai quesiti referendari, la Cgil ha ribadito 
ancora una volta che queste iniziative non intendono intervenire solo 
sul Jobs Act, ma su tutto il complesso di leggi precedenti, almeno a 
partire dalla legge 30. «Per la prima volta nella sua storia, la nostra 
organizzazione – ha spiegato Camusso – non ha legato i diritti al mondo 
del lavoro dipendente, ma ha stabilito che bisogna affermarli per tutte 
le figure, anche quelle autonome e precarie».
Contrattazione 
quindi, «inclusiva e solidale», ma anche, necessariamente, legge: 
arrivare dove spesso i contratti non arrivano, insomma, e non a caso la 
Cgil vorrebbe ispirare una riforma strutturale della legislazione sul 
lavoro.
L’importante è scansare il pregiudizio di essere 
“antiquati” e “ideologici”: per questo l’insistenza sul fatto che non si
 interviene solo sul Jobs Act (perché non sembri che si voglia prendere 
di petto il governo Renzi) e il costante riferimento al mondo dei nuovi 
lavori: «Abbiamo già incontrato il mondo delle professioni, della 
ricerca, dei creativi, e delle arti, dei freelance – ha spiegato la 
leader Cgil – e continueremo a interloquire con loro».
Dopo la 
presentazione al presidente della Repubblica, a breve la Carta dei 
diritti sarà al centro di una serie di incontri con i gruppi 
parlamentari e con i gruppi europei a Bruxelles. I voti più curiosi: la 
Carta è “ultra-bulgara” al Nidil e tra i disoccupati (99,4% e 99,5% di 
sì), disoccupati però non convinti dai referendum (i sì si sono fermati 
al 46%).
 
