La Stampa 21.3.16
Profughi ovunque e campi illegali
Il Libano sull’orlo del collasso
Nel Paese 1,3 milioni di rifugiati a fronte di 4,5 milioni di abitanti
di Giordano Stabile
Agire
prima che il Libano diventi un’altra Turchia. È l’allarme che circola
nelle cancellerie e che ha spinto la diplomazia internazionale a
intervenire per disinnescare la crisi dei rifugiati siriani. Oggi l’Alto
rappresentante dell’Unione europea Federica Mogherini arriverà e Beirut
e visiterà un campo profughi nella valle della Bekaa, al villaggio di
Bar Elias. Il 29 e 30 marzo sarà la volta del Segretario generale
dell’Onu Ban Ki-moon che presenterà un pacchetto di aiuti.
Il
Libano è il Paese che ha ricevuto più profughi siriani in rapporto alla
popolazione. Almeno 1,3 milioni di fronte a 4,5 milioni di abitanti.
L’analista Samir El-Daher, già consigliere della Banca mondiale, ha
calcolato in 4 miliardi di dollari il fabbisogno per far fronte
all’emergenza. Ne sono arrivati 75 milioni. L’afflusso di rifugiati ha
fatto salire la popolazione a quasi 6 milioni, la densità a 600 abitanti
per kmq, una delle più alte al mondo. È come se in Italia fossero
arrivati 19 milioni di profughi e la densità fosse salita da 200 a 270
abitanti per kmq.
«Le infrastrutture, strade, fognature,
elettricità, ospedali, scuole» sono sottoposte a uno stress senza
precedenti e sono «sull’orlo del collasso», avvertono fonti diplomatiche
occidentali. Questo in un Paese dagli equilibri politici e demografici
«delicatissimi». I profughi siriani sono soprattutto musulmani sunniti.
Il sistema libanese si regge su una ripartizione minuziosa del potere
fra sunniti, sciiti e cristiani, questi ultimi in teoria la metà del
totale. Non si fa un censimento etnico-religioso dagli Anni 30, per
evitare tensioni. L’assimilazione dei siriani, come già quella dei 300
mila palestinesi, è fuori questione.
Campi champignons
È
chiaro che i siriani o tornano in patria o tenteranno la strada verso
l’Europa. Finora li ha frenati la vicinanza con la Siria e le difficoltà
a partire. Cipro è a 260 chilometri, meno della distanza che separa
l’Italia dalla Libia, ma molto più di quella fra Turchia e Grecia.
L’alternativa è imbarcarsi con gli scafisti verso la Turchia e di lì
fare la strada fino alla rotta balcanica. Poche migliaia ci hanno
provato finora. Solo la tratta fino alla Turchia costa 2 mila dollari.
Ma
le condizioni in Libano stanno peggiorando. Ottenere un permesso di
lavoro è diventato più difficile e costoso. La crisi dell’edilizia ha
tolto sbocchi anche nel lavoro nero. Non ci sono campi attrezzati. Solo
strutture «informali», detti campi «champignons» perché crescono come
funghi. Sorgono su terreni privati e in cambio i profughi sono costretti
a lavorare gratis per i proprietari.