lunedì 21 marzo 2016

Il Sole 21.3.16
Stranieri. Studio di Fondazione Moressa su benessere e integrazione
«Appeal» migratorio: Grecia, Italia e Spagna i Paesi meno attraenti
Al top la Norvegia seguita da Svezia e Regno Unito
di Rossella Cadeo

Il Pil non è tutto, neppure quando si parla del grado di attrattività di un Paese nei confronti di chi vive in un’altra parte del mondo e vorrebbe trasferirsi in cerca di orizzonti più favorevoli. Considerando, infatti, il parametro del reddito, Paesi che godono di un’ottima situazione economica come la Svizzera (44.300 euro annui pro capite), la Norvegia (48.900) o l’Austria (35.500 euro) hanno quote molto diverse di stranieri residenti: rispettivamente, in rapporto alla popolazione totale, il 29, il 14 e il 17% di migranti internazionali(dati Nazioni Unite 2015). Ma cambia molto anche l’origine della componente straniera: Svizzera e Austria, per esempio, hanno una quota di presenze comunitarie nettamente superiore a quella di soggetti extra-Ue, mentre in un altro Paese del Nord, come la Svezia, il rapporto si inverte.
La ricerca
All’indomani dell’intesa fra la Ue e la Turchia per meglio gestire l’arrivo dei rifugiati dal vicino Oriente, può essere utile riflettere sul fatto i flussi dall’estero sono influenzati anche da altri fattori rispetto alla ricchezza di un Paese: le possibilità lavorative, il benessere economico potenzialmente espresso anche dalla facilità di accedere al bene casa, le opportunità di integrazione, la presenza di connazionali già presenti in grado di dare un primo supporto. Fattori che un recente studio della Fondazione Leone Moressa ha voluto mettere in luce per elaborare un indice europeo di attrattività migratoria.
La ricerca ha preso in considerazione la situazione dei Paesi europei con almeno 450mila stranieri (tra cui anche due extra-Ue come Svizzera e Norvegia), incrociando variabili di benessere nazionale (Pil, tassi di occupazione straniera, rischio di esclusione e povertà degli stranieri, percentuale di stranieri con titolo di studio elevato, quota di stranieri in severa deprivazione materiale) e indici di integrazione (rapporto stranieri/popolazione, acquisizioni di cittadinanza, stranieri proprietari di case).
Risultato: un indice unico ottenuto in base a tutte queste informazioni, riparametrato rispetto alla scala 0-100, dove il valore 100 è attribuito al Paese con la maggiore attrattività (sia per gli immigrati extra-Ue sia per quelli comunitari) e il valore zero a quello con la minore.
In questa classifica a svettare è la Norvegia, seguita da un’altra rappresentante della Scandinavia, la Svezia, mentre agli ultimi posti troviamo tre Paesi mediterranei: Grecia, Italia e Spagna (si veda la tabella a fianco).
Quattro gruppi
Al di là della graduatoria, i Paesi analizzati si possono suddividere in quattro classi: un gruppo di Paesi con alto benessere e forte integrazione, un secondo gruppo con alto benessere ma bassa integrazione, un terzo con basso benessere e forte integrazione e infine un gruppo con basso benessere e scarsa integrazione.
Nel primo gruppo svetta la Norvegia, che può vantare ottimi voti sia sul fronte benessere (ha il più elevato Pil pro capite e un ottimo quadro per quanto riguarda il lavoro e il grado di istruzione degli stranieri) sia sul fronte integrazione (significative le quote di acquisizioni di cittadinanza e di proprietari di case stranieri). La seguono, nello stesso gruppo, altre nordiche quali Svezia, Olanda, Gran Bretagna e Irlanda.
A guidare invece il secondo gruppo è la Svizzera, dove a un alto grado di benessere (per esempio il 76% degli stranieri è occupato) fa da contraltare uno scarso grado di integrazione (meno del 2% le acquisizioni di cittadinanza e meno di un quarto i proprietari di case). Insieme alla Svizzera si posizionano Austria e Germania.
I Paesi con basso benessere ma ad alta integrazione (terzo gruppo) sono invece Spagna, Francia e Belgio.
Infine Italia e Grecia fanno parte dell’ultimo gruppo: bassi livelli di integrazione, alti rischi di povertà e problematiche di integrazione. Lo scarso appeal dell’Italia è del resto confermato dal bilancio demografico dell’Istat, che ha chiuso il 2015 con un tasso migratorio ancora in discesa (si veda l’articolo sotto).
Dall’analisi della Fondazione Moressa emerge anche come i Paesi esercitino un appeal differente sulle due grandi tipologie di immigrati, Ue ed extra-Ue: infatti, mentre Svizzera, Austria e Belgio richiamano soprattutto soggetti dagli altri partner Ue (circa due terzi degli stranieri residenti sono cittadini comunitari), in Italia, Svezia e Spagna succede l’inverso (solo un terzo proviene da un Paese membro della Ue).
Emergenza comune
«La componente immigrata esercita un ruolo positivo - osservano da Fondazione Moressa - dal punto di vista economico producendo reddito, contribuendo al mercato del lavoro, incidendo meno sulla spesa pubblica e pagando le tasse. E l’indice di attrattività è un ulteriore conferma, tanto è vero che i Paesi con l’indice più elevato sono anche quelli che continuano a essere la meta più ricercata dagli ultimi flussi: Svezia e Norvegia registrano i tassi più alti di nuovi immigrati rispetto alla popolazione straniera già residente, mentre i Paesi in fondo alla classifica registrano i valori più bassi di arrivi».
Un quadro che ora deve comunque fare i conti con l’emergenza migranti che sta mettendo a dura prova le politiche di accoglienza e integrazione anche dei Paesi più aperti.