il manifesto 20.3.16
Obama a Cuba, a piedi nudi nel cortile di casa
Oggi
 L'Avana accoglie il presidente statunitense, che arriva dopo aver 
ammesso «il fallimento» Usa verso la rivoluzione castrista del 1959 e 
dopo avere «deciso» la fine del «bloqueo». Parlerà ai cubani, anche in 
diretta tv, e con il socialista Castro discuterà «da pari a pari» su 
come porre fine a una lunga guerra fredda
di Roiberto Livi
Correva
 l’anno 1928 quando il presidente Usa Calvin Coolidge sbarcò all’Avana 
da una corazzata – la USS Texas – e solo per partecipare a un evento 
internazionale in un’isola che era di fatto un protettorato degli Stati 
Uniti. E a sua volta, il presidente fu quasi ignorato, se non 
osteggiato, dai cubani. Oggi, quando Barack Obama sbarcherà a Cuba, 
accompagnato dalla First family, la moglie Michelle e le figlie Malia e 
Sasha, sarà dunque il primo presidente statunitense in carica a compiere
 una visita ufficiale nell’isola.
L’unica corazzata sarà «la 
Bestia», la limousine presidenziale blindata trasportata all’Avana da un
 aereo C-17 Globemaster III, e che già i giovani dell’Avana attendono di
 vedere transitare lungo il malecón scortata dal servizio di sicurezza. 
«Sarà come un film o un serial di quelli che siamo abituati a vedere 
alla tv», dice Juan, studente del Pre(universitario).
E la storia 
avrà veramente voltato pagina. Per la prima volta un capo della Casa 
bianca metterà piede nel «cortile di casa» caraibico senza dettare 
condizioni; non sull’onda della potenza dell’impero – militare, 
economico e culturale – che rappresenta ma, al contrario, ammettendo che
 la politica aggressiva adottata dal suo paese dopo la rivoluzione 
castrista del 1959 «è stata un fallimento». Accadrà quello che solo 
qualche anno fa nessuno avrebbe immaginato. Obama all’Avana stringerà la
 mano a un Castro, senza pretendere che abiuri dalle sue convinzioni 
socialiste, anzi dicutendo col presidente cubano «su un piano di parità»
 di come mettere definitivamente fine a una guerra fredda che dura da 
più di cinquant’anni, come pure della situazione dell’America latina- 
dove il disaccordo sul Venezuela è palese – e renderà omaggio a José 
Martí, l’«Apostolo» dell’indipendenza cubana, in un luogo altamente 
simbolico come la Plaza de la Revolución, testimone dei grandi raduni di
 massa e dei discorsi fiume di Fidel Castro.
«Obama sarà ricevuto 
con il senso di ospitalità e di rispetto che contraddistingue i cubani»,
 ha affermato giovedì il ministro degli esteri Bruno Rodríguez, ma 
mettendo in chiaro che il governo cubano non «rinunzierà a uno solo dei 
propri principi» e «non negozierà in nessun modo in relazione a cambi di
 politica interna». In realtà, il governo cubano ha ben chiaro che si 
tratta di un passo storico e dunque ha fatto al capo della Casa bianca 
concessioni mai permesse ad altri capi di Stato. Obama – che sarà 
accompagnato da una folta delegazione di congressisti, imprenditori ed 
esponenti della comunità cubano americana – non solo incontrerà una 
delegazione di cuentapropistas, di imprenditori privati cubani, ma anche
 «una diecina» di rappresenti dei piccoli – e divisi – gruppi del 
dissenso/opposizione che il governo considera nemici «al soldo di una 
potenza straniera» e che dunque tratta con mano dura (nei primi mesi di 
quest’anno sono stati denunciati più di 1500 fermi da parte dei 
difensori dei diritti dell’uomo). Ma il messaggio più forte Obama lo 
manderà direttamente al popolo cubano durante il discorso che pronuncerà
 al Teatro «Alicia Alonso», ex Gran Teatro dell’Avana, di fronte ad un 
pubblico di un migliaio di persone (alcune invitate direttamente dagli 
Stati Uniti) e che, fatto del tutto inusuale, sarà trasmesso in diretta 
tv in tutto il paese. In modo che «ognuno (a Cuba) possa formarsi una 
propria opinione su quello che (Obama) dirà», ha affermato il 
cancelliere Rodríguez.
Il consigliere di Obama per le questioni 
cubane, Ben Rhodes, ha fatto sapere che « il presidente affronterà la 
questione dei diritti umani e delle libertà civili». Prendendo le 
distanze dalla passata politica del regime change, il presidente dirà 
«molto chiaramente che spetta al popolo cubano» spingere verso una 
maggiore democrazia nel paese. E che gli Stati Uniti, da parte loro, 
intendono portare avanti una «politica concentrata nell’aiutare il 
popolo cubano ad ottenere più potere e un futuro migliore» avendo 
«grande fiducia nel fatto che avranno la capacità di farlo». «Se 
vogliono veramente aiutare il popolo cubano a migliare, che mettano 
finalmente fine all’embargo», ha ribattuto laconico il ministro 
Rodríguez.
Sia per Obama che per il governo cubano si tratta 
dunque di una missione assai delicata. Per questa ragione il presidente 
americano ha scelto, oggi pomeriggio, di iniziare la sua visita in punta
 di piedi, con una passeggiata nell’Avana storica (Havana Vieja) per 
recarsi nella cattedrale ed incontrare il cardinale Jaime Ortega, che ha
 avuto un ruolo chiave nel facilitare i negoziati segreti andati avanti 
per mesi con l’appoggio di papa Francesco che hanno portato alla storica
 svolta tra Cuba e Stati Uniti e alla ripresa delle relazioni di 
diplomatiche.
Domani mattina inizierà l’agenda vera e propria 
della visita di Obama, la cui valenza storica emerge dal programma, a 
cominciare dal nome del palazzo, il Palacio de la Revolución, dove si 
svolgerà l’incontro con il presidente Raúl Castro, il quale in serata 
offrirà una cena di stato per la First family americana. Non vi sarà 
però, ha ribadito la Casa Bianca, nessun incontro con Fidel Castro, il 
lider maximo della rivoluzione per decenni il nemico comunista 
dell’America, che nel 2008, malato, ha lasciato la presidenza al 
fratello.
Nel pomeriggio l’incontro con cooperativisti e 
imprenditori cubani, compresi quelli del settore privato che, nelle 
speranze degli Usa dovrebbero portare a formare una classe media e 
dunque a rivendicare future riforme politiche. A parte un futuro ruolo 
di fattore di stabilizzazione del sucontinente, Cuba è anche il crocevia
 degli investimenti: nell’isola stanno arrivando capitali brasiliani, 
cinesi, europei e presto statunitensi. Qualcuno negli Stati uniti già 
immagina l’isola come un futuro hub per diplomazia e affari. Infine, 
martedì vi sarà il colloquio con i dissidenti/oppositori e l’incontro 
con il popolo dell’Avana nel Teatro; poi la visita si concluderà con 
l’incontro di baseball tra una selezione cubana e la squadra della Major
 League, Tampa Bay Rays.
 
