La Stampa 18.3.16
Denis e Lula hoop
di Massimo Gramellini
A
dispetto dei gufi, con baffetti e no, ormai Renzi si colloca molto più a
sinistra della sinistra sudamericana. Infatti, mentre in Brasile la
compagna Dilma Rousseff è arrivata a nominare Lula ministro pur di
evitargli l’arresto, in Italia nessuno pensa ancora di offrire un posto
di governo al Verdini condannato a due anni per corruzione. Ci si limita
a tenerlo dentro la maggioranza: a portata di mano, pulita o sporca che
sia.
Da una parte all’altra dell’oceano, il messaggio che la
politica e i partiti cosiddetti progressisti mandano ai cittadini è: chi
se ne infischia se un nostro sodale è nei guai con la giustizia, basta
che ci sia utile o che lo si debba ricompensare per qualche servigio. La
politica è un cinico gioco di potere da molto prima di «House of Cards»
e anche di Machiavelli, che ne mise per iscritto la teoria. Rimane il
problema di farla convivere con un simulacro di democrazia, che
presuppone la partecipazione al gioco da parte dei cittadini. I quali
ogni tanto vorrebbero illudersi che la posta in palio siano gli slanci
ideali e gli interessi concreti delle persone. Invece la politica si
presenta al giudizio degli elettori nella sua nudità, intessuta di
bramosie e convenienze completamente sganciate da qualsiasi obiettivo
che non sia la conquista o la conservazione del potere. Esimi politologi
ci spiegano con un sorriso di degnazione che non può essere che così.
Allora la smettano di stupirsi se le urne si svuotano. E se il mantra
degli astenuti non è più «non mi interessa», ma «mi disgusta».