La Stampa 16.3.16
Online, ai gazebo e con mille trucchi
I partiti prigionieri del mito Primarie
Dai trionfi prodiani alle risse sui brogli, in un decennio è tutto cambiato
di Mattia Feltri
L’assolutismo
democratico moderno si recita in rima baciata: primarie / quirinarie /
parlamentarie / gazebarie e, se volete, bertolasarie. La politica ha
deciso che a decidere deve essere il popolo, sempre: decidere il
candidato, decidere il gradimento del candidato, decidere le priorità
del candidato e poi naturalmente decidere le decisioni dell’eletto. La
strada è in ripida discesa dal 2005, anno in cui Romano Prodi vinse le
primarie del centrosinistra per la corsa a Palazzo Chigi; le vinse col
74.1 per cento dei voti, una percentuale che già allora non fece pensare
a una competizione serrata. Oggi, undici anni dopo, l’evoluzione delle
primarie ha dato una varietà spettacolare, delle quali la più succosa
sono le primarie di Forza Italia per il sindaco di Roma. Organizzate
nello scorso week end, e probabilmente nel prossimo, avevano un solo
candidato: Guido Bertolaso. Che infatti è stato indicato come sindaco
ideale dal 96.5 per cento dei molto entusiasti votanti; perplessi
soltanto il 3.5. Secondo i dati festosamente forniti dal partito di
Silvio Berlusconi, sono accorsi alle gazebarie o bertolasarie quasi 50
mila romani, per coincidenza lo stesso numero di quelli accorsi alle
primarie del Pd; queste ultime fra l’altro caratterizzate dalla scelta
di due o tremila elettori che hanno pagato l’obolo per consegnare scheda
bianca, bizzarria che ha sollevato il sospetto di un piccolo broglio
per nobilitare l’affluenza.
Forse leggermente imbarazzati dal
plebiscito per Bertolaso, da Forza Italia hanno spiegato che le primarie
non erano proprio primarie, ma un modo per sentire il clima e per farsi
dire dai cittadini quali siano mai le urgenze. Ne è emerso uno scenario
suggestivo: manutenzione strade e pulizia, trasporti, sicurezza e un
grande classico, la riduzione delle tasse. Effettivamente credibile: lo
avremmo ipotizzato anche senza le sondaggiarie. Piuttosto è interessante
che i berlusconiani si facciano dire dagli elettori quale debba essere
il programma anziché proporre un programma agli elettori. Una novità
introdotta fra molte ironie dai cinque stelle coi loro «portavoce», e
già malcopiata esattamente come si irrideva e poi si malcopiava la
sondaggite di Berlusconi di venti anni fa, o come si irrideva per
malrielaborarlo il federalismo leghista. Dunque Berlusconi un po’
ingrillito e Beppe Grillo sospettato di imberlusconimento vista la fine
che ha fatto Patrizia Bedori, ex candidata a sindaco di Milano per il
Movimento. Stanca, frastornata e avvilita dagli insulti («brutta e
obesa»), si è ritirata lasciando il dubbio di pressioni dei vertici,
alla ricerca di pretendenti di maggior impatto. Non sarà un disastro per
i sacri valori del suffragio universale, visto che alle primarie dei
cinque stelle avevano partecipato in 295, e Bedori aveva trionfato con
74 preferenze.
Per essere un assolutismo democratico ha un
andamento curioso. O si è ignorati dagli elettori o li si ignorano. O
magari li si paga, come è successo a Napoli poche settimane fa, e dove
le primarie del 2011 avevano visto la partecipazione straordinaria di
una nutritissima comunità cinese. Ormai ogni volta che si indicono
primarie c’è qualche cosa che non torna: a Napoli, come in Liguria
l’anno scorso, lo sconfitto del Pd si dichiara turlupinato, e con
qualche indizio a sostegno della tesi. Nel centrodestra, dove le
primarie erano bestemmia, ora sono tutti incontinenti. Anche Matteo
Salvini ha proposto le sue secondo l’inedita regola che i candidati non
dovevano necessariamente essere informati: fra quelli proposti dalla
Lega c’era Fabio Rampelli di F.lli d’Italia («Hey, io non ne sapevo
niente, toglietemi da quella lista!»). Ha poi vinto Alfio Marchini,
seconda Irene Pivetti, terzo Francesco Storace, quarto Guido Bertolaso
per lo stupore del medesimo Salvini: «Pensavo andasse molto peggio...».
Soltanto quinta Giorgia Meloni, che però sta decidendo di candidarsi
(nonostante le perplessità ostetriche di Forza Italia) e il suo primo
alleato potrebbe essere proprio Salvini. Che ha cominciato tutto questo
casino perché il quarto piazzato (Bertolaso) non andava bene: meglio il
quinto.