La Stampa 15.3.16
Così il cavaliere errante ispirò una commedia di Shakespeare
di F. O.
Anche
i più refrattari ai fasti degli anniversari non possono restare
indifferenti: quest’anno si celebrano i 4 secoli dalla morte di Miguel
de Cervantes e William Shakespeare. Una coincidenza che fa nascere, va
da sé, paralleli e confronti tra i due più grandi autori dell’epoca, e
forse di tutte le epoche. La ricchissima agenda degli omaggi ai due
scrittori si incrociano almeno in due casi: un libro, Lunatici, amanti e
poeti, e un convegno previsto dal 3 al 6 maggio a Valladolid, la città
dove la corte spagnola si trasferì nel 1601. Nel volume, che sarà
presentato in giro per il mondo, si parte il 7 aprile alla Biblioteca
Nazionale di Madrid, sei autori di lingua inglese (tra cui Salman
Rushdie e Rhidian Brook) e sei ispanici (Marcos Giralt Torrente, Juan
Gabriel Vásquez) hanno scritto dei racconti lasciandosi ispirare dai due
grandi.
Il parallelo tra Shakespeare e Cervantes è alimentato
anche da una coincidenza, che in realtà è una leggenda, frutto di un
equivoco del calendario: i due sarebbero morti esattamente lo stesso
giorno, a poche ore di distanza. L’uno a Stratford-upon-Avon, l’altro
nel barrio de Letras di Madrid. Ángel-LuisPujante, professore
dell’università di Murcia e massimo studioso spagnolo di Shakespeare,
precisa: «Cervantes fu sepolto il 23 aprile del 1616, ma morì il giorno
prima. Shakespeare è morto il 23 aprile, ma questa era la data del
calendario giuliano, allora ancora in vigore in Inghilterra. Se
calcoliamo con quello gregoriano, risulta che lo scrittore inglese è
spirato il 3 maggio, undici giorni dopo il collega spagnolo».
Al
di là degli aspetti biografici, il rapporto tra i due, puramente
letterario, fu unilaterale. Shakespeare conobbe l’opera di Cervantes, ma
non il contrario. «La prima parte del Chisciotte fu tradotta in inglese
nel 1612. Mentre Shakespeare arrivò nell’Europa continentale solo nel
XVIII secolo».
Secondo Pujante non è preciso parlare di influenza,
«piuttosto Cervantes fu una fonte per l’autore inglese: la storia di
Cardenio, narrata nella prima parte del Chisciotte, fu utilizzata da
Shakespeare, con la collaborazione di John Fletcher, per scrivere The
History of Cardenio, rappresentata a Londra nel 1613 e oggi purtroppo
scomparsa». Una cosa simile a quanto avvenne per le storie italiane
dalle quali fu tratto, tra gli altri, Otello, «senza poter dire che
Giambattista Giraldi (Cinzio) esercitò una vera e propria influenza». Il
successo inglese di Cervantes fu grandioso sin dalla prima traduzione,
«e lo scrittore ne fu cosciente».
Un dato chiarisce la
proporzione: nella Gran Bretagna, fino al XIX secolo, si contano 156
traduzioni, contro le 17 in lingua italiana e le 25 in tedesco. «Nei
primi due secoli il successo si deve al carattere comico dell’opera -
prosegue Pujante - e gli effetti si vedono nelle opere di Fielding e
Sterne. Poi, però, la critica del romanticismo, soprattutto quella
tedesca, cambia questa visione e crea il mito moderno del Chisciotte,
elevandolo al livello delle opere di Shakespeare». Qui nasce il mito,
«l’eroe moderno, il personaggio che simbolizza la lotta tra reale e
ideale». Oggi il punto di vista è ancora diverso, «si tende a recuperare
l’aspetto comico e tutto sommato mi sembra un orientamento corretto».