La Stampa 15.3.16
Marte, il ruolo italiano nella missione
di Roberto Battiston
*Presidente Agenzia Spaziale Italiana
Quando
la potenza del Proton si libera nella gigantesca fiammata, per un
attimo al cosmodromo di Baikonur il tempo si ferma. Il boato
dell’esplosione controllata che spinge verso lo spazio il razzo con il
carico di scienza e tecnologia di Exomars ha il fascino tremendo del
mito. Gli uomini osano cercare oltre i limiti. Oltre la nostra Terra.
Eppure tutto questo ci appartiene, è il nostro Dna. Lasciando mari e
terre conosciute andiamo in orbita, e ci spingiamo alla ricerca delle
origini della vita, forse delle nostre origini, sul Pianeta Rosso da
sempre fonte di un fascino irresistibile. Un richiamo che oggi è una
sfida tecnologica e industriale a cui l’Italia ha contribuito fin
dall’inizio.
Non è quindi un caso che il nostro Paese abbia la
leadership di questa missione ambiziosa e complessa che porterà l’
Europa per la prima volta su Marte cercando nel sottosuolo la risposta
al mistero dei misteri, quello della nostra solitudine nell’Universo.
Exomars è la grande doppia missione dell’Agenzia Spaziale Europea, dove
l’Italia ha investito quasi 400 milioni di euro e le sue migliori
eccellenze scientifiche e industriali, a partire dal prime contractor
Thales Alenia Space Italia, joint venture tra Finmeccanica e Thales.
Un’Italia, quella spaziale, oggi alle prese con la prospettiva dello
sfruttamento commerciale dello spazio. Abbiamo lanciatori competitivi ed
efficienti come il Vega di Avio, industrie leader nella tecnologia
spaziale come Finmeccanica, altre che come Altec sono specializzate nel
controllo e nella logistica, o stanno portando nello spazio innovazione e
piccoli satelliti come Sitael o Argotech. Centri di ricerca
all’avanguardia come il Cira, Università e Enti di ricerca conosciuti in
tutto il mondo. Siamo la sesta nazione al mondo per capacità spaziale.
Un patrimonio di cui essere orgogliosi, risultato di 50 anni di storia e
di investimenti. Oggi siamo ad un punto di svolta, assistiamo ad un
Rinascimento che viene dallo spazio.
Le tecnologie spaziali hanno
un impatto incredibile sulla nostra vita: monitoriamo con estrema
precisione gli oceani, le dinamiche dei diversi ecosistemi, i
cambiamenti climatici, e possiamo agire con più rapidità nel caso di
disastri naturali. Una catena di nuovo valore che arriva a tutti gli
utenti (istituzionali, commerciali e privati cittadini) grazie al volano
di Internet. Noi lo chiamiamo Rinascimento Spaziale, gli americani lo
chiamano New Space Economy. Secondo l’Oecd oggi il fatturato annuo
dell’economia dello spazio a livello globale si aggira su 300 miliardi
di dollari. Numeri che possono lievitare con la transizione dalla Space
Economy della manifattura a quella dei servizi che grazie ad Internet
possono essere moltiplicati a costi irrisori. Il servizio satellitare
diventa quindi un’utilità a basso prezzo che genera fatturato in modo
indiretto grazie a quelle aziende che anticipano i bisogni della nostra
società. Un esempio è la californiana Planet Labs.
Nata nel 2011 a
San Francisco mettendo in orbita 28 nanosatelliti per l’osservazione
della Terra lanciati dalla Stazione Spaziale Internazionale, oggi ne ha
71 in orbita e ha raccolto 200 milioni di dollari di investimenti di
venture capital. E’ il modello americano in grado di utilizzare l’enorme
mole degli investimenti pubblici - tra i 40 e i 60 miliardi di dollari
l’anno - come volano per far partire gli investimenti privati. E far
così crescere all’ombra della Nasa i nuovi imprenditori dello spazio
provenienti da altre esperienze, come Jef Bezos, Elon Musk o Richard
Branson. Ma non ci sono solo le star. Dietro c’è un sistema di space
venture capitalists che dal 2000 al 2015 ha raccolto oltre 13 miliardi
di dollari di investimenti, due terzi solo negli ultimi 5 anni. Dei 250
venture capitalist dello spazio il 66% opera negli Stati Uniti e la metà
- guarda caso - sta in California. Recentemente SpaceX, quelli dei
lanciatori che rientrano atterrando (ancora con qualche problemino) è
entrata nel gruppo delle Unicorn Companies, le start-up che sono
arrivate o hanno superato il miliardo di dollari di valore. Il motto di
questi imprenditori è semplice: «You can now makemoney with space
investment». Ora si possono fare i soldi. E al Congresso di Washington
gli danno una mano. A novembre hanno approvato un disegno di legge sullo
sfruttamento delle risorse degli asteroidi dando un chiaro segnale di
quanto sia importante la Space Economy. Questa è la strada, non solo in
America, ma anche in Italia, dove il Governo negli ultimi due anni ha
aumentato gli stanziamenti e ha voluto investire nei micro satelliti,
uno dei programmi di avanguardia dell’AsiI. La prossima tappa è
l’approvazione del disegno di legge sullo spazio che istituisce presso
la Presidenza del Consiglio il Comitato interministeriale per le
politiche aerospaziali. Un passo importante, prima che il lander
Schiaparelli arrivi a ottobre su Marte.