La Stampa 15.3.16
I segreti di Cervantes
Per i
quattrocento anni dalla morte si moltiplicano in Spagna le celebrazioni
di uno dei più moderni tra gli autori antichi la cui biografia è ancora
avvolta dal mistero
di Francesco Olivo
Neanche
l’estrema unzione aveva fermato la mania di scrivere: «Il tempo è poco e
le ansie crescono, in tutto ciò mi resta il desiderio di vivere».
Miguel de Cervantes morì poche ore dopo aver lasciato queste parole e
quattrocento anni dopo la Spagna, finalmente, lo celebra. Nel 1916,
quando tutto era pronto, la guerra mondiale, la cui eco arrivò anche
lontano dalle trincee, impedì ogni fasto e il conte di Romanones dovette
rinviare sine die i grandiosi progetti. Stavolta, invece, l’agenda è
fitta. Centinaia di eventi, conferenze, lezioni ed esposizioni in tutto
il mondo, Italia compresa, eppure resta una domanda di fondo, chi era
davvero Cervantes?
Il nodo sembra banale eppure è irrisolto. Il
Chisciotte è universale, è il libro più tradotto della storia dopo la
Bibbia, il suo autore ha una biografia avventurosa, ma incerta, poco
solida storicamente e molto ignorata da milioni di suoi lettori. Per
togliersi qualche dubbio, e magari farsene venire altri, la Biblioteca
Nazionale di Spagna ha allestito Miguel de Cervantes, dalla vita al mito
la mostra centrale di questo anno di celebrazioni, inaugurata dieci
giorni fa da re Filippo VI, con la regina Letizia, aperta fino al 22
maggio.
Grafomane
Lo scopo dichiarato è proprio quello di
raccontare l’uomo Cervantes, tralasciando, giusto il tempo di tre sale, i
suoi eterni personaggi. L’esposizione raccoglie e riordina per la prima
volta le scarne prove storiografiche della biografia dell’autore del
Chisciotte. I paradossi che emergono sono tanti e affascinanti: di un
grafomane come Cervantes sono rimasti soltanto undici autografi,
peraltro di contenuto burocratico, più che letterario, vista la sua
attività di esattore delle tasse nella Spagna meridionale. Curioso che
in un’epoca, come il Siglo de oro, ossessionata per la parola scritta,
nessuno si sia preso la briga di conservare qualche manoscritto, o
qualche biglietto. Di un grande contemporaneo, e vicino di casa del
«barrio de Letras», come Lope de Vega, abbiamo un epistolario completo,
ma di Cervantes praticamente niente.
Recluta a Lepanto
Gli
undici documenti, datati dal 1582 al 1598, sono in ogni caso
interessanti, soprattutto la lettera inviata ad Antonio de Eraso,
segretario del Consiglio delle Indie, con la richiesta esplicita di
ottenere un posto vacante nel Nuovo Mondo. Ovvio che una tale penuria di
autografi di un artista poi divenuto così celebre, abbia provocato
l’emergere di molti falsi, quattro dei quali sono stati smascherati
nell’Ottocento.
La mitizzazione della biografia di Cervantes è un
fenomeno antico, anche gli episodi veri, come la partecipazione alla
battaglia di Lepanto, sono stati notevolmente alterati, «per anni si è
fatto credere che la vittoria di Lepanto fosse merito della forza del
braccio di Miguel - spiega José Manuel Lucía Megías, presidente
dell’Associazione dei Cervantisti e curatore della mostra della
Biblioteca reale -. In realtà era un soldato come tanti, una recluta,
arruolatosi nell’esercito spagnolo a Napoli da soli tre mesi». Anche la
data di nascita è stato un elemento oscuro per oltre un secolo, poi nel
1752 nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Alcalá de Henares, alle
porte di Madrid, fu trovato il certificato di battesimo, presente in
questa esposizione, insieme a quello di morte della parrocchia madrilena
di San Sebastián.
Il volto sconosciuto
Altra ossessione dei
posteri di Cervantes fu la sua immagine. Quello che conosciamo tutti è
il vero volto dello scrittore? Non è affatto certo. Un’opera, presente
nella mostra di Madrid, potrebbe sciogliere il giallo. L’attribuire il
ritratto a Juan de Jáuregui, pittore contemporaneo di Cervantes,
vorrebbe dire che Cervantes era già famoso in vita, tanto da meritarsi
un omaggio simile. Ma l’autenticità dell’olio è oggetto di dibattito,
molti, infatti, lo giudicano un falso del XIX secolo. La Spagna sta
celebrando come si deve il suo artista più illustre? In molti credono di
no. Domenica scorsa, sulle colonne del settimanale XL, lo scrittore
Arturo Pérez-Reverte, padre di Alatriste, attaccava il governo di
Mariano Rajoy: «Siamo davanti a un programma di attività scollegate una
dall’altra, aggiungendo all’ultimo momento tutto quello che capitava per
ingrandire un evento che fino a poco fa nessuno aveva seguito».
Problemi di agenda? «Che quest’anno fosse l’anniversario si sapeva da
molto, per l’esattezza quattro secoli».