La Stampa 14.3.16
Tra elezioni in vista e referendum adesso il premier si riscopre ulivista
Arturo Parisi: sa di non poter avere tutti contro, ecco perché lo fa
di Fabio Martini
è
la madre (e la figlia) di tante battaglie politiche finora combattute
da Matteo Renzi e infatti il referendum istituzionale che si svolgerà in
autunno muove già energie, astuzie, stratagemmi. Renzi ha più volte
detto che se lo perde, si dimette e proprio la prospettiva del
referendum spiega mosse altrimenti inspiegabili: due giorni fa, per
replicare all’attacco di Massimo D’Alema, il presidente del Consiglio si
è improvvisamente scoperto «ulivista» e dunque, tra i tanti
contro-argomenti polemici ne ha scelto uno nostalgico, così irrituale in
lui. Lo ha fatto per non perdere contatto con tanti elettori un tempo
«ulivisti» e ora critici verso le sue politiche e il suo stile
decisionista?
Un’ipotesi che qualche renziano doc sottovoce
sottoscrive, ma che finisce per essere avallata proprio da un potenziale
«terminale» del messaggio come Arturo Parisi. Inventore della formula
dell’Ulivo e delle Primarie «italiane», il professor Parisi dice a «La
Stampa»: «In vista di un appuntamento impegnativo come il referendum
istituzionale, Renzi sa di non poter avere quasi tutti contro e dunque,
pur avendo spesso preso le distanze dalla stagione ulivista per dire che
lui era il nuovo, stavolta si è messo almeno nel tono dalla parte
dell’Ulivo e anche delle Primarie, in questo caso senza incertezze.
Renzi sta prendendo le misure, sta mettendo ordine tra chi gli è più
vicino, sta decidendo a chi richiamarsi in vista di una battaglia
importante».
L’analisi e il messaggio del professor Parisi, amico e
«ideologo» di Prodi, è chiaro: caro Matteo, se te la giochi da solo,
rischi grosso. Quella di Renzi è una partita doppia: amministrative a
giugno e referendum in autunno. Due partite nelle quali Renzi ha bisogno
di tenere tutti gli elettori del Pd. Certo, per vincere il referendum
istituzionale non serve il quorum dei votanti al 50 per cento, ma basta -
si fa per dire - ottenere un voto più del fronte del No. Ma avendo già
trasformato il referendum in un plebiscito su sé stesso, Renzi sa che
deve anzitutto compattare gli elettori potenziali del Pd, dell’Ncd e dei
centristi (il 34-38% secondo i più recenti sondaggi) e in più
aggregarne in altri schieramenti.
E ovviamente Renzi sa che
sarebbe complicato affrontare il referendum con una parte del Pd
schierato su una posizione agnostica o addirittura contraria, come fanno
balenare alcune dichiarazioni di questi giorni da parte di Roberto
Speranza e di Gianni Cuperlo. Ecco perché il segretario-premier, a
conclusione del «congressino» della opposizione interna, anziché
rinfocolare l’attacco già sferrato contro D’Alema (risultato isolato
dentro la sinistra Pd), ha fatto scrivere ai suoi vice-segretari,
Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, una nota conciliante nella
sostanza. Certo, si tiene il punto («Una nuova generazione sta provando a
cambiare l’Italia e l’Europa»), ma contestualmente si lanciano messaggi
non di guerra: «Quella parte della minoranza che polemizza sa dove
trovarci, a lavorare in Parlamento, nelle città, in Europa, tra la gente
per cambiare questo Paese, come stiamo facendo, insieme».
Certo.
prima del referendum si svolgeranno elezioni amministrative mai così
incerte nelle 4 città più importanti (Roma, Milano, Torino, Napoli) e
proprio la prospettiva del doppio appuntamento, decisivo per Renzi,
spiega un intervento particolarmente occhiuto pubblicato sul blog di
Beppe Grillo: «Censurano il M5S e incensano il governo. La propaganda
alla turca di Orfeo sempre più squallida e subdola». Grillo entra nel
dettaglio, con notazioni da capo-redattore: «Il Tg1 diretto da Mario
Orfeo che ha rifiutato di mandare in onda la dichiarazione di Luigi Di
Maio. Stessa dichiarazione invece messa in onda dal Tg2», mentre si
«decide di far parlare gli esponenti del Pd senza neanche far loro le
domande...».