La Stampa 13.3.16
“Matteo non deve permettersi, non si delegittima la minoranza”
Bersani furioso. E D’Alema usa Prodi per attaccare il premier “Che errore non dare al professore un ruolo sulla crisi libica”
di Alessandro Di Matteo
Sospira, Pier Luigi Bersani, quando gli viene riferito che Matteo Renzi ha appena rivendicato di essere la «vera sinistra».
L’ex
segretario è seduto in prima fila nella sala che ospita la convention
umbra della minoranza Pd, ha appena finito di scambiare due parole con
Massimo D’Alema, che sale sul palco per presentare «Jihad», il libro del
direttore de La Stampa Maurizio Molinari, e lui vorrebbe evitare di
parlare. Proprio negli stessi minuti però, a Roma, Renzi sta picchiando
duro sulla minoranza, i cronisti gli fanno una sorta di telecronaca
diretta, una specie di «Tutto il calcio minuto per minuto» via
smartphone, e lui non si trattiene: «Ah sì?! Ha detto di essere la vera
sinistra? E se lui è la vera sinistra, noi cosa siamo?».
Ex colonia
D’Alema,
a differenza di Bersani, evita di parlare di Partito democratico. L’ex
premier addirittura fa tornare indietro la macchina, quando vede che ad
attenderlo ci sono telecamere e cronisti, ed entra dall’ingresso
posteriore. «Ci sarà tempo e modo per riparlarne», dice poi dal palco.
L’unico passaggio che riserva a Renzi è sulla Libia, ed è significativo:
«E’ apprezzabile la prudenza di Renzi sull’invio di militari, siamo
un’ex colonia, non possiamo avere un ruolo-guida».
Piccolo
riconoscimento, subito seguito da una stoccata: «Il governo è stato
inerte, due anni fa avrebbe potuto avviare un processo politico
diverso», spingendo perché l’Onu affidasse «a una personalità come
Romano Prodi non il ruolo di inviato, ma di alto rappresentante delle
Nazioni unite». Una mossa che avrebbe permesso «il coinvolgimento
dell’insieme delle forze in campo, che erano favorevoli». Invece, «si è
lasciata la gestione della crisi a improbabili trattative». Un tributo a
Prodi che, per molti osservatori in sala non è casuale, visto che a
quanto pare D’Alema vorrebbe conquistare il professore bolognese alla
causa della ricostruzione di un centrosinistra de-renzizzato.
Anche
Bersani punta sull’Ulivo, ma come bandiera per dare forza alla sfida a
Renzi al prossimo congresso. Dall’entourage renziano, racconta qualche
bersaniano, erano arrivati segnali diversi, di un possibile doppio passo
del leader Pd, più duro con D’Alema che evoca la scissione e
conciliante con Bersani e Speranza che comunque assicurano «lealtà».
Invece, man mano che arrivano le dichiarazioni di Renzi, il sospiro di
Bersani diventa una smorfia. L’affondo del capo del governo non lo aiuta
nel rapporto - non facile - con D’Alema, che rimprovera a lui e a
Gianni Cuperlo di non avere capito che dentro al Pd di Renzi non
toccheranno mai palla.
«Governa grazie a noi»
Bersani si
arrabbia davvero: «Renzi ricordi che noi abbiamo fatto l’Ulivo. Sta
passando il segno, è incredibile. Non si permetta di dire che abbiamo
sempre perso, è grazie ai nostri voti se adesso governa. Non tocchi
l’ulivo, altrimenti la cosa si fa seria, non si deve permettere». Il
vice di Renzi, Lorenzo Guerini, era previsto per oggi alla convention,
ma pare abbia dato forfait. E Roberto Speranza, che non dovrebbe
ufficializzare la sua candidatura già oggi, aggiunge: «Un segretario
tiene unito il partito, non insulta». Il timore è che sia Renzi a voler
mettere la minoranza democratica all’angolo, «ma non ci faremo spingere
fuori», assicurano alcuni esponenti democratici vicini a Pierluigi
Bersani. «Vedremo alle amministrative se questa linea politica paga».