domenica 13 marzo 2016

La Stampa 13.3.16
Foffo choc: “Odio mio padre. Avrei voluto uccidere lui”
La confessione davanti al pm: “Quando avevo 18 anni non mi ha comprato la macchina che desideravo. Forse per questo ho infierito su Varani”
di Grazia Longo

Così diversi. Manuel Foffo e Marco Prato, 30 e 29 anni, studente fuoricorso il primo, brillantemente laureato il secondo, condividono l’orrore dell’omicidio di Luca Varani, il gusto della sfida con cocaina e sesso estremo e un passato familiare alle spalle controverso. Ma accettazione della realtà, sensibilità e ammissioni di colpa sono decisamente opposti. Prato è un gay dichiarato, durante il delitto era vestito da donna con le unghie smaltate di rosso, recuperato nell’appartamento della madre di Foffo. Quest’ultimo, assistito dall’avvocato Michele Andreano, insiste nel difendere la sua eterosessualità, «i due rapporti orali con Marco non contano nulla».
Desiderio di vendetta
È lui a rilasciare una confessione choc: «Odio mio padre. Avrei voluto uccidere lui. Forse, come per vendetta nei confronti di mio padre, unito a tutto il resto forse mi ha portato a fare quello che ho fatto». Lo afferma nel secondo interrogatorio di fronte al pm Francesco Scavo al quale ha chiesto di essere sentito «per dirle che non è vero che ho fantasie di stupro, anche gay, come sostiene Marco Prato. E non è vero che lui ha solo guardato. Anche lui ha accoltellato Varani. Io e Marco siamo diversi, vorrei che i nostri telefonini fossero controllati. Ho visto delle cose orribili sui telefoni di Marco nei quali erano ritratti stupri di donne e atteggiamenti pedofili ed erano anche ritratti bambini nel compimento di atti sessuali».
E ancora sul padre: «Il momento in cui ho perso il controllo di me stesso credo sia quando tra me e Marco è uscito l’argomento di mio padre. Mi sono sentito avvelenato. Non escludo di aver combinato questo come per dare una risposta al rapporto con mio padre. Sì, ho detto a Marco che volevo forse uccidere mio padre». Difficile anche il rapporto con la madre «l’unico che mi vuole veramente bene è mio fratello. È il preferito di mio padre ma io non lo odio, anzi è l’unico a cui voglio bene e mi dispiace che soffra e che il suo nome sia accostato al mio per il male che ho fatto».
E veniamo a Marco Prato. Portato all’ospedale Pertini per il tentato suicidio (su cui gli inquirenti nutrono peraltro molti dubbi), viene visitato dalla dottoressa Cristina Magliocco alla quale racconta dei problemi con i genitori, «mi hanno comprato un appartamento ma solo per tenermi in giogo», riferisce di essere in cura da una «psicoterapeuta da 6 anni, ci vado due o tre volte a settimana e in più prendo antidepressivi».
«Nessun pentimento»
Il quadro delineato dalla dottoressa è sconvolgente, non solo evidenzia la lucidità del paziente, «nonostante sia ancora sedato», ma non ravvisa alcun suo pentimento né senso di colpa per l’uccisione di Luca Varani. «Il paziente dichiara di aver fatto uso di tanta cocaina e precisa: “Io sono per gli eccessi e quando si supera il limite lo si fa per bene. Sempre in compagnia”». Il medico scrive nel referto: «Non si evidenzia orientamento depressivo dell’umore, né idee di colpa e/o autoaccuse. E non si evidenziano deliri né sentimenti di vergogna. Evidente il desiderio di spingersi oltre i limiti. Il paziente rivela stima di sé, spiega di organizzare eventi e dice: “Punto tutto su una mia grande qualità, la seduzione”».
La vittima mancata
Durante le 48 ore di sballo a luci rosse, nella casa dell’orrore arrivano altri quattro ragazzi. Uno di loro consuma «un rapporto sessuale con Marco». Un altro, Giacomo, milanese, anche questo in cura per depressione, viene derubato del bancomat con cui la coppia di assassini preleva mille euro per pagare la droga (1.500 euro spesi in due giorni). Proprio nel bicchiere di vodka di Giacomo, secondo Foffo, Prato ha versato «un sonnifero. Non conosco le finalità di questo gesto ma so che lui si era un po’ assopito sul divano».
Volevano uccidere anche Giacomo? La coppia diabolica, tra l’altro era stata già chiusa in casa quattro giorni a gennaio, dopo l’incontro a capodanno, sempre per strafarsi di cocaina. «Marco si era travestito da donna e mi aveva chiesto di portarlo a battere vicino Villa Borghese».
Lasciano di stucco i motivi per cui Manuel Foffo odia il padre: «Quando avevo 18 anni ha regalato il mio motorino a una persona e invece di comprami la Yaris che io desideravo, mi ha comprato il Maggiolone». Ce n’è anche per la madre: «Per colpa sua ho dovuto lasciare anche il calcio e così ho iniziato a bere e a drogarmi». La ciliegina sulla torta è il riferimento alla vittima, il povero Luca Varani: «Non sapevo neanche che cosa significasse “marchettaro”».