sabato 12 marzo 2016

La Stampa 12.3.16
Milioni di vecchi elettori in fuga ma altrettanti si avvicinano
E a sinistra un’altra casa non c’è
I sondaggi parlano di tradizionalisti che si allontanano
Ma le “nuove” proposte non riescono ad attrarre elettori
di Fabio Martini

È un fenomeno silenzioso, ancora non certificato dal sistema politico-mediatico eppur imponente: milioni di «vecchi» elettori stanno abbandonando il Pd e più o meno un numero analogo di nuovi elettori vi si stanno avvicinando. Le intenzioni di voto al Pd ancora in queste ore restano su percentuali significative (tra il 30 e il 34%, a seconda degli istituti) ma quelle intenzioni sono la somma di un imponente ricambio di elettori, come dimostrano da due anni gli studi dei flussi elettorali del Cattaneo di Bologna e tutti i principali istituti di sondaggi.
Un ricambio di elettori all’interno di uno stesso partito che non ha precedenti nella recente storia della Repubblica: in entrata quasi tutti gli ex elettori di Mario Monti e (in misura minore) di Forza Italia; in uscita c’è un elettorato di sinistra, ma non soltanto, che dopo un innamoramento iniziale per Renzi (boom alle Europee 2014), non ama lo stile e le politiche del premier: un elettorato prevalentemente over 60 e under 25.
È esattamente questo bacino potenziale l’innesco non dichiarato, della fiammata di queste ore attorno alla suggestione di una scissione, evocata da Massimo D’Alema, in una intervista al «Corriere della Sera» nella quale l’ex premier ha indicato esplicitamente l’ipotesi di una «nuova forza». Ma quella di D’Alema non è l’unica sirena nell’area ai confini del Pd.
Attorno allo spazio politico rappresentato da milioni di elettori delusi e in gran parte «parcheggiati» nell’astensione (come dimostrano gli studi del Cattaneo) si sono manifestati diversi «acquirenti», diverse offerte, un rosario di leader potenziali dell’area, sempre in litigio tra loro: Sel senza più Vendola; i fuoriusciti dal Pd, divisi tra i «tradizionalisti» come Fassina e D’Attorre e Civati; la minoranza Pd; un leader potenziale come Maurizio Landini, che non ne vuole sapere di beghe politiche e pensa ancora a conquistare la guida della Cgil, strappandola a Susanna Camusso.
Eloquente quanto sta accadendo nelle quattro città nelle quali si voterà alle amministrative di giugno. A Torino i sondaggi sono concordi nel quotare Giorgio Airaudo, ex Fiom oggi Sel, su percentuali sorprendenti, poco al di sotto del 10 per cento; a Napoli Antonio Bassolino ha già detto che, se non avrà «giustizia» sulla questione delle Primarie, si presenterà in contrapposizione con la candidata ufficiale; ieri il vice di Renzi al Pd, Lorenzo Guerini, da Napoli diceva: «Non ci sarà una lista Bassolino». Ma se non gli daranno soddisfazione, l’ex sindaco di liste in appoggio ne ha già pronte tre. A Milano fino a 48 ore fa l’area a sinistra del Partito democratico scommetteva su una candidatura prestigiosa, quella dell’ex pm Gherardo Colombo; a Roma da settimane è in atto un pressing su un personaggio fuori dagli schemi partitici, capace di catalizzare un elettorato colto e di sinistra, l’ex ministro dei Beni Culturali Massimo Bray.
Un «poker rosso» che è entrato parzialmente in crisi nel giro di poche ore: Colombo ha declinato, mentre Bray (che resiste anche in quanto direttore di una istituzione come la Treccani) non ha ancora sciolto la riserva e nelle prossime ore potrebbe spuntare un appello di intellettuali per farlo candidare. Si tratta di quattro operazioni che insistono sullo stesso elettorato ma con registi e motivazioni diverse.
Antonio Bassolino col suo slogan «Di nuovo ci sono io», si propone come collaudato uomo di governo e al tempo stesso come espressione dell’anti-establishment, ma sicuramente non con un’etichetta di sinistra. Massimo Bray invece è sospinto da Massimo D’Alema, con l’idea esplicita di intercettare la scissione in atto nell’elettorato del Pd. Ma la minoranza di sinistra, dal suo “congresso” gli ha detto no: «Noi vogliamo dare una mano», ha detto Roberto Speranza nel passaggio più esplicito della sua relazione. E quanto a Giorgio Airaudo, la sua è sfida a viso aperto al sindaco del Pd Piero Fassino, che con il ponte lanciato verso personalità (ed elettori) del centro-destra, ha scoperto il lato sinistro. Dice Pippo Civati: «Da tempo ripeto che questa è un’area politicamente molto estesa, ma bisogna saperla coltivare con candidature di rinnovamento e comunque di alto profilo, come poteva essere quella di Gherardo Colombo o, come potrebbe essere quella di Massimo Bray. Altre candidature sembrano rispondere di meno a quei requisiti».