Associazione Culturale Amore e Psiche
supplemento di "segnalazioni" -
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giovedì 10 marzo 2016
La Stampa 10.3.16
Cambiare corpo e identità. La nostra ultima frontiera
La discussione infuria, ma il dibattito l’aveva già scatenato Ovidio
di Gianni Riotta
«In nova fert animus mutatas dicere formas corpora» è l’antico piano del poeta Publio Ovidio Nasone, nello struggente poema Le Metamorfosi, «A narrare di forme cambiate in corpi nuovi mi spinge l’anima».
La passione di Ovidio è chiave perfetta del nostro tempo tumultuoso, macchine che pensano, lavorano e giocano come esseri umani, vite create in laboratorio, età, sessi, idee, culture che si ibridano. Ovidio è oggi censurato da un gruppo di studenti della Columbia University che vuol imporre sui suoi versi un «trigger warning», un bollino di allarme, scandalizzato dalle scene di amore violento tra dei e umani. Peccato, perché una vicenda come quella dei fratelli Andy e Larry Wachowski solo alla luce di Ovidio diventa comprensibile per gli umani digitali del terzo millennio.
I fratelli Larry e Andy Wachowski sono adesso le sorelle Wachowski. Larry, 50 anni, cambia genere nel 2012 diventando Lana, e ora anche Andy, 48 anni, annuncia al sito di Chicago Windy City Times di aver mutato sesso, assumendo il nome di Lilly Wachowski.
Un cronista ficcanaso del tabloid inglese Daily Mail aveva bussato alla porta di Lilly Wachowski, che come la sorella vive isolata, schiva, le due registe hanno dato rare interviste ai media. Il reporter annunciando con protervia di voler pubblicare lo scoop sul cambiamento di genere, che Andy-Lilly avrebbe preferito invece tener privato, in famiglia, tra amici.
Rotta la privacy, Wachowski decide di non farsi merce di pettegolezzi e in una sobria lettera spiega come il transgender sia ancora demonizzato, reso orrido da film alla Il silenzio degli innocenti, una perversione, tra desideri nascosti e tabù ufficiali. Al cliché Lilly oppone, con misura, il proprio destino sereno, sostenuto da mezzi economici, dottori, psicologi, una cerchia di affetti. Lei può resistere all’intolleranza che travolge i deboli, come la maestra transgender Lucy Meadows, sospinta al suicidio nel 2013 proprio da un articolo del Daily Mail, a firma Richard Littlejohn «Non solo ha un corpo sbagliato… ha il lavoro sbagliato», come se la povera donna andasse in aula a molestare bambini.
La lettera di Lilly Wachowski ripropone, in parole semplici, il tema remoto di Ovidio che ha animato il recente dibattito politico. Chi è un uomo e chi una donna? L’organo sessuale crea identità, comanda la natura, o chirurgia e ormoni plasmano il nostro ego? Quanto pesa la cultura, siamo determinati dal codice genetico di nascita o non piuttosto da quel che apprendiamo, come ritenevano una generazione fa Carla Ravaioli in Maschio per obbligo e Elena Gianini Belotti in Dalla parte delle bambine?
Il dibattito su maternità surrogata e adozioni, violento, durissimo, oppone intellettuali e parte della comunità gay a leader e studiose femministe, rinfocolato dall’annuncio di paternità dell’ex governatore della Puglia Nichi Vendola. Sensibilità rivali tra maschi omosessuali e donne femministe, etero o gay, coalizione a lungo unita nel rivendicare diritti, conquiste e tolleranza contro il paternalismo dominante, ma in aperta guerra civile sulla generazione di figli. Cultura contro Natura.
Lilly Wachowski offre pensieri, sofferti, da meditare, comunque la pensiate sul tema: «Transgender, Transizione, sono termini per me duri, perché perdono di complessità nell’essere accettati da tutti, mancano le sfumature di spazio e di tempo. Usiamo Transgender come definizione dogmatica, o Maschio o Femmina, come se passando da un polo all’altro di un linguaggio binario, 0 o 1. Ma la mia realtà è che io muterò ancora e per tutta la vita, nell’infinito spazio che esiste tra Maschio e Femmina. Dobbiamo innalzare il dialogo oltre la semplificazione… che rischiano di essere falsi idoli… Non voglio farmi imprigionare dalle teorie del genere, lotto per capire la mia identità… Tengo nel mio ufficio una scritta su cui spesso rifletto… “Dobbiamo respingere il Qui e l’Adesso, dobbiamo guardare all’alba possibile di un mondo nuovo”. E quindi spingo anche io come posso, Sisifo ottimista, verso il progresso a un mondo possibile…».
Ovidio insegna che tra Natura e Cultura non ci sono confini invalicabili e paga il suo amore per l’evoluzione morendo in esilio su ordine dell’imperatore Augusto. Il più tollerante dei filosofi del Novecento, Albert Camus, insegna che Sisifo, condannato dagli Dei dell’Ordine Assoluto a spingere per sempre un masso pesante come un’identità, vada considerato felice.
Felicità certo precaria, faticosa, e umanissima come quella che sembra sprizzare dalla citazione di Sisifo scelta da Andy Wachowski per annunciare la propria metamorfosi in Lilly Wachowski.